MEDICINA FISICA NELLO SPORT

Rischi e prevenzione nello sport:

argomento multidisciplinare: medico sportivo, preparatore atletico, ft, fisiatra. Dalla loro collaborazione ® preparazione fisica valida della performance e per prevenzione delle lesioni sportive.

Prevenzione:

allenamento® riscaldamento muscolare® allungamento ( stretching) permettono di mantenere la coordinazione neuromuscolare anche in condizioni di fatica

 

 

 

 

 

 

LOMBALGIA NELLO SPORTIVO:

il rachide lombare è spesso soggetto a traumi sportivi con manifestazioni dolorose e fenomeni degenerativi.

FUNZIONE COLONNA :

FISIOPATOLOGIA: la sintomatologia dolorosa insorge nelle strutture del rachide con ricca innervazione sensitiva: legamenti longitudinali,corpo vertebale, faccette articolari, radici nervose:

Lombalgia: dolore lombare

Lombosciatalgia o lombocruralgia: dolore lombare irradiato all’aaii

PATOGENESI :

Clinica: dolore lombare, ridotto movimento, contrattura paravertebrale

Terapia: sospensione attività sportiva, fans, corsetto, fkt, rnm

Ernia: fuoriuscita del nucleo polposo attraverso una fessura dell’anulus con: compressione radicolare. Compressione del plesso endorachideo. Frequente per sovraccarico con forze compressive e torsionali violente: g. artistica, sollevamento pesi; è favorita da sovraccarichi funzionali da alterazioni rachidee ( cifosi, scoliosi, sacralizzazione di L5)

Spazi più colpiti : Lombo sciatalgia : L4L5, L5 S1 lombocruralgia L3L4

Compressione della radice spinale: irritazione (dolore, contrattura, rigidità lombare)compressione radicolare: dolore irradiato, ipo-ansestesia, ipovalidità muscolare, ipo-areflessia) interruzione funzionale:scomparsa dolore, paralisi

Terapia : conservativa( medica, fkt) o chirurgica (asportazione disco e liberazione della radice

Elementi statici : disco, LLP, arco posteriore

Elementi dinamici: addominali (¯ lordosi)

Interruzione per sollecitazioni fisiologiche se è alterato, sollecitazioni forte se è normale (lotta, pesi, g. artistica,tuffi, lotta, rugby, atletica)

Clinica: asintomatica: da rx occasionale, sintomatica: lombalgia irradiata per stiramento radicolare, non per compressione. Dolore acuto o graduale. All’esame obiettivo : iperlordosi, dolore pressorio, segno dello scalino, rx ap, ll obliqua, dinamica

Terapia : asintomatica: controllo e astensione dallo sport pesante e violento

Sintomatiche con lieve scivolamento: fkt, fans, corsetto, grave scivolamento: trattamento chirurgico, mancato ritorno allo sport

TRATTAMENTO ERNIA DISCO:

anni 70: trattamento chirurgico elettivo

valutazione paziente: es. neurologico, es. neuroelettrico, mielografia

trattamento: immobilizzazione e intervento (laminectomia, artrotomia limitata)

OGGI: trattamento chirurgico per : lesioni gravi neurologiche, esigenze funzionali del paziente

Conservativo:

trattamento rieducatio precoce e mirato (metodiche numerose)

valutazione fisiatrica: Quadro clinico, storia del paziente (lesioni attuali e precedenti, dolore, mod. di insorgenza, tipo, durata, localizzazione; richieste funzionali in base a età, sesso, attività svolta

Programma riabilitativo:

fase acuta: terapia medica, t. fisica antalgica, manipolazioni, kinesiterapia(contratture mob.ernia)

fase subacuta : kinesiterapia (potenziare addominali, riequilibrio catena anteriore e posteriore

fase di mantenimento: prevenzione delle recidive e delle lombalgie croniche, norme igeniche, att. Fisiche e sportive

Post chirurgico: chirurgia meno invasiva, immobilizzazione più blanda

Linee guida:

70% dei pz trattati hanno riduzione del dolore con trattamento conservativo

trattamento chirurgico dopo 4/8 sett di trattamento conservativo

trattamento conservativo :

farmaci : fans e analgesici (acuto e cronico)

terapia fisica: termoterapia, ultrasuoni, tens (acuta, cronica per 30 min 1v /die, agisce per il meccanismo del gate control: meglio dei fans a medio termine, uguale a breve termine) laser(HILT=alta potenza, YAG ad elevata potenza e penetranza no apporto calorico) agisce incrementando l’attività mitocondriale e accelera i processi rigenerativi: biostimolante, antinfiammatorio, analgesico, antiedemigeno, decontratturante. Laser HILT rispetto a tens e fans dà risultati più duraturi a medio termine)

trattamento riabilitativo:

indicazioni:

metodiche:

fase acuta (1- 4 sett): t. farmacologica, ft antalgica, massoterapia (no es terapeutici se mal tollerati)

mantenere una modica attività, riposo per tempi brevi, corsetto

fase subacuta( 1-6 mesi): ripristinare la funzionalità del rachide, correggere gli atteggiamenti viziati:

Conclusioni: mantenere il rachide in movimento, rieducare per ripristinare l’armonia del movimento, ridurre i difetti posturali e il rischio di recidive.

Trattament chirurgico: intervento, corsetto lombare alto o basso per 15- 30 gg, no tr. Riabilitativo o restrizioni dell’attività.

Indicazioni al trattamento post chirurgico:

obiettivi :

trattamento:

caratteri: a 15-30 gg intervento, durata variabile, sedute quotidiane

necessità del trattamento fkt.

causa di recidive: rilassamento dei muscoli addominali con cedimento della parete anteriore.

I muscoli del tronco risentono dell’inattività , trauma chirurgico, dolore

ripresa dell’attività:

attività cauta e progressiva (0-4 mesi . no auto, seduto prolungato, piegarsi in aventi, sollevamento pesi)

programma riabilitativo intenso dalla 4 settimana

buon senso:

condizioni cliniche e psichiche pz, esigenze lavorative e sportive

ripresa attività lavorativa in base a :

tipo di intervento

presenza di esiti

tipo di attività ( semisedentario: ripresa dal primo mese, no sollevare pesi, guida per brevi tragitti; per lavori pesanti inizio dopo tre mesi)

la ripresa deve essere progressiva e adottando strategie mirate(alternanza della postura, ripetizione di semplici esercizi, adattamento dell’ambiente lavorativo, utilizzo di accorgimenti per scaricare il peso dalla colonna durante le adl, corretto sollevamento dei carichii)

recidive: ricomparsa della sintomatologia per attività impegnative

prevenzione:

ripresa attività sportiva: no regole

variabili:

riabilitazione® allenamento generico® allenamento specifico® ripresa sport

LESIONI DELLA SPALLA DA SPORT

Biomeccanica: è l’articolazione più mobile: 5 articolazioni tutte coordinate meccanicamente : per lesione di una l’intero complesso è funzionalmente limitato:

MUSCOLI

Protettori della gleno omerale : rotatori interni sottoscapolare, grande rotondo

Rotatori esterni: sottospinoso, piccolo rotondo, sovraspinoso

Rotatori della scaoila : trapezio, elevatore della scapola, romboide, piccolo pettorale, gran dentato

Posizionatori omerali: deltoide, gran pettorale, gran dorsale

Cuffia dei rotatori: sovraspinoso,sottospinoso, piccolo rotondo, sottoscapolare. La continuità della cuffia è interrotta a livello della doccia occipitale dell’omero deve si trova il tendine del clb e il prolungamento della sinovia che lo avvolge. Ruolo nel ritmo scapolo omerale e nell’abduzione in sinergia con il deltoide.

Movimenti della spalla: flessione anteriore: 180°, estensione 30°, abduzione 180°, adduzione 30-45°, extrarotazione 90° intrarotazione 85°

Movimenti della gleno omerale : la testa omerale si trova più estesa della cavità glenoidea e le due superfici articolari non sono congruenti : ampia mobilità basata sulla cinetica di scivolamento:

Celtoide : innalza l’omero spingendo la testa contro l’arco coracoacromiale . la testa si fissa nel cavo glenoideo e inizia la sua rotazione, scivola verso il basso la grande tuberosità passa sotto l’arco e permette l’abduzione. Sinergia con i muscoli della cuffia dei rotatori : sovraspinato: trae e ancora la testa dell’omero alla glenoide, sottospinato, sottoscapolare, piccolo rotondo fissano la testa omerale alla glenoide abbassandola e ruotandola.

Movimenti della scapolo toracica: scivolamento della scapola sul torace per trapezio e gran dentato, basculamento della scapola all’esterno. Romboidi ed elevatore della scapola permettono un basculamento interno della scapola

Ritmo scapolo omerale: coordinazione e sincronismo fra movimenti della gleno omerale e della scpalol toracica: per 90° abd: 60°gleno omerale , 30°scapolo toracica. La rotazione della scapola assicura la giusta congruenza della gleno omerale, assicura l’efficacia del deltoide mantenendolo ad una lunghezza che permette la max tensione attiva. Clavicola: a 90°abd : 30°elevazione della clavicola per articolazione sterno claveare, oltre i 90°rotazione della clavicola su se stessa , altri 30° elevazione .

Spalla: miglior compromesso fra stabilità e motilità

Stabilizzatori attivi (muscoli )

Stabilizzatori passivi:

congruenza articolare ( scarsa, aumentata dal labbro glenoideo)

pressione negativa articolare (4 mmhg)

adesione coesione ( molto bassa)

arco coracoacromiale ( acromion classificabile in base allo sviluppo verso il basso)

strutture capsulo legamentose: fattore di stabilità passiva più importante ma non ne garantiscono la completa stabilità

Reclutamento:

sollecitazioni minime: gravità: congruenza articolare, adesione/coesione

sollecitazioni medie (tennis) stabilizzatori attivi

sollecitazioni massive: importanza delle strutture passive.

LESIONI

Sport: lancio ( pesi, giavellotto, baseball, pallamano)

Contatto (boxe, carate)

Rischio caduta: (motociclismo, ciclismo, equitazione)

Acute: lussazione acromion claveare

Frattura clavicola

Lussazione scapolo toracica

Rottura della cuffia dei rotatori

Rottura del CLB

Croniche: lussazione scapolo omerale recidivante

Sindrome da impingment e lesioni cuffia.

Lussazione Acromion claveare:

3: deformità della spalla con risalita dell’estremo acromiale della clavicola (segno deò pianoforte: premendo con un dito la lussazione si riduce, lasciando ricompare.

Terapia :

immobilizzazione con bendaggio a 8 (1 e2)

chirurgica (3): sutura dei legamenti e sintesi con fili kikschner tra acromion e clavicola

trattamento riabilitativo:

dopo 30 gg: elettroterapia, massaggio, ried. Neuromotoria

ripresa attività agonistica dopo 3-6 mesi in base a lesione, sport, recupero.

Frattura clavicola:

lesione acuta

sport: motociclismo, ciclismo, equitazione

sede: terzo medio completa o incompleta

sintomi: dolore, impotenza funzionale, ecchimosi, alterazione del profilo della clavicola. As addotto, intraruotato, gomito flesso, sorretto, capo ruotato omolateralmente per distendere lo scm

terapia:

immobilizzazione con bendaggio a 8 per 4 sett.

Rieducazione

Massaggio

Elettroterapia

LUSSAZIONE SCAPOLO OMERALE:

perdita rapporti articolari fra cavità glenoidea e testa omerale

traumatica: trauma diretto o indiretto con lesione di capsula e legamenti

atraumatica : traumi minimi su malformazioni, iperlassità, deficit muscolari

sport a rischio: rugby, equitazione, pallanuoto, tennis, sci, calcio

sede: sptt anteriore per abd, extrarot, retropulsione; posteriore, inferiore

lesione: distacco capsula dal cercine glenoideo, distacco capsula e cercine da margine glenoideo.

Sintomi: dolore, impotenza funzionale, gomito flesso, arto sostenuto, profilo della spalla alterato

Diagnosi: rx, clinica, anamnesi

Lussazione recidivante (cronica)

Per lassità legamentosa, limita l’attività sportiva

Sintomi: dolore più sfumato, sensazione di scatto, riduzione del movimento

Test clinici: test del cassetto: instabilità anteroposteriore

Test di apprensione per instabilità anteriore: abduzione 90°, extratotazione, premo sulla testa dell’omero® resistenza al movimento per contrattura di difesa

Test del solco per instabiità inferiore: nella trazione verso il basso l’arto addotto: solco sotto acromion

Lussazione recidivante:

esami strumentali: rx, tac(osso), rmn( strutture capsuloligamentose)

complicanze: lesione del nervo circonflesso con conseguente paralisi del deltoide.

Terapia:

lesione acuta:

riduzione e immobilizzazione in adduzione, intrarotazione a gomito flesso per 4 settimane

rieducazione

ripresa attività sportiva

instabilità cronica:

limitata: rieducazione con esercizi di rinforzo dei muscoli della cuffia dei rotatori (migliora stabilità dinamica)

grave limitazione funzionale o lussazione recidivante: trattamento chirurgico in artroscopia, reinserimento della capsula e legamento gleno omerale inferiore a cielo aperto o a cielo chiuso

Riabilitazione post operatoria:

la spalla riceve comandi discendenti da entrambi gli emisferi cerebrali creando un’interconnessione con la spalla controlaterale. A livello corticale il complesso muscolare della spalla è proiettato in modo multiplo e in vaste zone della corteccia.

Dal punto di vista chinesiologico: diverse unità che esercitano trazioni in direzioni diverse

Rallentamento del riapprendimento e automatizzazione dello schema motorio per scarso controllo visivo per la posizione posteriore della spalla

Tipo di intervento :

cielo chiuso<<<<. Mobilità ampia da subito® maggior apprensione del paziente

cielo aperto<<<<. Ridotta mobilità da recuperare con la riabilitazione

protocollo:

0-30 gg: pz immobilizzato con tutore, movimenti di gomito e polso

da 30 gg: esercizi di elevazione e abduzione sotto i 90° passivi, assistiti, attivi, ricerca della rotazione indifferente con manovre dolci e progressive.

NB evitare movimenti in extrarotazione se la lussazione è anteriore

Evitare movimenti in intrarotazione se la lussazione è posteriore

Evitare movimenti in intra ed extra rotazione se la lussazione è multidimensionale

Rinforzo muscolare: coinvolge i muscoli che abbassano, intra ed extra ruotano la spalla, deloide. Per i muscoli intra ed extra il lavoro è isometrico

40-45°gg: riabilitzione sopra i 90°

dal 60°gg: lavoro contrastato con carichi progressivamente crescenti in elevazione e abduzione

dal 90° gg :lavoro anche in elevazione contrastata.

Tipi di esercizI

rieducazione propriocettiva: quando ho raggiunto un’articolarità ampia, per recuperare le rapide risposte riflesse alle sollecitazioni ( es. in trazione, sospensione, compressione, prima sotto poi sopra i 90° in cat. Cin. Chiusa e aperta. Graduale incremento di difficoltà e instabilità degli attrezzi.

Esercizi sotto i 90°:

Esercizi sopra i 90°:

quando il paziente ha acquisito un movimento armonico in attività muscolari sempre più complesse la riprogrammazione neuromotoria si considera conlusa e a 4-6 mesi dall’intervento si ha la ripresa dell’attività sportiva

TENDINOPATIA CALCIFICA:

eziologia correlabile a : microtraumatismi ripetuti, stress occupazionali, posture scorrette

localizzazione: muscolo sovraspinoso, sottospinoso, piccolo rotondo, sottoscapolare.

Capo lungo del bicipite: glenoide, doccia di scorrimento

Segni clinici: dolore, limitazione funzionale, contrattura e ipotrofia muscolare

Forme completamente asintomatiche

Forme iperalgiche

I sintomi, se non trattati, portano ad un circolo vizioso dove il quadro si automantiene con recidive sempre più frequenti.

Dolore: localizzato , esteso ad articolazioni vicine e connesse (rachide cervicale, mano) è provocato da:

limitazione articolare in abduzione e rotazione: schemi patologici per vicariare le funzioni deficitarie ed evitare il dolore

Trattamento:

conservativo ( in base alla fase clinica)

chirurgico: casi resistenti con dolore intenso

Riabilitazione:

ACUTA: tratt. Farmacologico per via generale o locale

SUB ACUTA: massaggio profondo per manipolazione neuroconnettivale su tessuto fasciale e miotendineo dolente per interrompere il circolo vizioso dolore® contrattura® dolore

Stiramento dei muscoli contratti.

SINDROME DA IMPINGEMENT E ROTTURA DELLA CUFFIA :

malattie dovute al conflitto meccanico o eccessivo attrito fra arco acromiale e trochite omerale con microtraumatismi ripetuti.

Lo spazio subacromiale contiene : borsa sottoacromion deltoidea, cuffia dei rotatori ( sovraspinoso, sottospinoso, piccolo rotondo che stabilizzano la testa dell’omero nella cavità glenoidea durante la flessione e abduzione, m sottoscapolare), capo lungo del bicipite brachiale. Queste strutture possono presentare infiammazione o degenerazione per pz con gestualità che richieda movimenti continui di flessione e abduzione di spalla( basket, tennis, pallanuoto, baseball, sport di lancio)

Biomeccanica del lancio:

lancio= oscillazione dell’arto superiore per far percorrere a un oggetto una traiettoria nello spazio .

tre modalità:

dall’alto: over harm

dal basso : under harm

laterale: side harm.

Il centro di movimento che dà propulsione all’arto è la spalla

Lancio del giavellotto e lancio a baseball: lanci in alto con massima extrarotazione- abduzione di spalla e grande sollecitazione

Lancio del peso, martello: lancio dall’alto con abduzione sotto i 90° e minori sollecitazioni

Lancio del giavellotto: 4 fasi

  1. rincorsa o fase preparatoria: braccio in max retroposizione, gomito esteso, tronco ruotato
  2. lancio (massima sollecitazione) rapida torsione del tronco, spalla abdotta a 90° in max extrarotazione con gomito flesso, rotazione interna fino al lancio dell’attrezzo con un angolo di 30° verso l’alto
  3. rallentamento (massima sollecitazione)braccio in adduzione, controllando estensione del gomito
  4. volo del giavellotto

baseball: lancio che si differenzia per mancanza di rincorsa, minor peso dell’oggetto: 4 fasi:

le fasi centrali hanno la massima sollecitazione

Classificazione di Neer:

  1. infiammazione della borsa sottoacromiale ( insorgenza a tutte le età)
  2. infiammazione ed erosione della cuffia (idem)
  3. rottura della cuffia a tutto spessore (insorgenza dopo i 40 aa)

condizioni scatenanti:

sovraccarico funzionale

eccessivo atrito

condizioni favorenti:

spazio subacromiale ristretto

scarsa vascolarizzazione del sovraspinato in sede d’inserzione

non perfetta gestualità sportiva

allenamento non adeguato

Patogenesi:

conflitto meccanico – microtraumi – infiammazione ed edema – ulteriore riduzione dello spazio – aumento del conflitto = circolo vizioso che porta a fibrosi e rottura della cuffia

Clinica :

impingement:

dolore anterolaterale, aumento alla pressione sul trochite e abduzione tra 60° e 120°

deficit di forza antalgico

Rottura della cuffia:

dolore intenso

grave limitazione funzionale

riduzione forza in abduzione e extrarotazione

Diagnosi: esame clinico e strumentale:

obiettivi:

definire la lesione (totale/parziale)

localizzazione della lesione

valutazione della qualità tendinea

anamnesi (ascolto, dolore riferito: segno del palmo della mano, irradiato al avambraccio radiale, sollevamento pesi in abduzione, notturno)

ispezione

palpazione

motilità attiva o passiva ( comparsa di compensi nelle lesioni totali), riduz. Motilità passiva: capsulite adesiva secondaria , peggiore se post operatoria

esame della forza muscolare

teoria delle cinghie funzionali dell’articolazione: sottospinoso e sottoscapolare

test specifici funzionali:

specificità : esculde la malattia nel soggetto sano

sensibilità : identificare la malattia nel soggetto malato

test di jobe /full can test : sottospinoso e sovraspinoso eseguito ad avambraccio lievemente abdotto intraruotato e avb supinato

ERSL (external rotation lag sign) sottospinoso e sovraspinoso: alta specificità se il pz non riesce a mantenere l’extratotazione e presenta una caduta anche di soli 5°

Test di Patte: a braccio abdotto e gomito flesso valuta la forza in extrarotazione contrastata (sottospinoso) a braccio abdotto a 90° e gomito flesso valuto forza controresistenza in extrarotazione.

Napoleon sign modificato: validità del sottoscapolare (intrarotazione)

Lift off: validità del sottoscapolare, capacità di staccare il braccio dal tronco in intrarotazione

Palm up test: a as flesso a 90à con palmo supinato il pz deve resistere alla forza applicata dal fisioterapista verso il basso. Testa la validità del capo lungo del bicipite

Diagnosi clinica delle lesioni parziali più frequenti:

età inferiore a 50 aa

lavoro e sport over head

test di instabilità anteriore positivo

test funzionali per cuffia dolente ma senza deficit

Diagnosi strumentale:

RX : morfologia articolare, spazi periarticolari, tono calcico

Radiografia assiale,

ecografia

tac: non è indicata per la cuffia ma per diagnosi differenziale per età, dolre, anamnesi non indicative di una lesione della cuffia

RMN : alta capacità di risoluzione e contrasto, diagnosi delle lesioni parziali, evoluzione e stadio della patologia

Artro rmn e artro tac ma rare

Indicazioni per:

trattamento conservativo

trattamento chirurgico

prognosi

Stadio 1 e 2 : trattamento conservativo:

Fisiokinesiterapia:

progetto riabilitativo:

personalizzato in base al quadro clinico:

terapia strumentale:

terapia fisica: tens.(agisce sulle fibre nervose di maggior calibro per il gate control, favorisce la fuoriuscita di oppioidi endogeni= un effettoi antalgico precoce)

Ultrasuoni efficacia antalgica con aumento della temperatura locale, accelerazione dei processi di diffusione attraverso le membrane cellulari. Effetti: vasodilatazione, rimozione dei cataboliti , aumento dell’afflusso di sostanze nutritizie e ossigeno. Oscillazione delle particelle: scompaginamento delle fibre collagene, tessuto fibroso Effetti principali: analgesico, decontratturante, favorisce i processi riparativi , fibrolitico. Ultrasuono crioterapico antidolorifico e antiflogistico (crioterapia), effetto immediato ma transitorio.

Laser Nd-Yag laser di potenza con spiccato effetto antalgico. La diffusione prevale suull’assorbimento, ­ penetrazione, effetti profondi. Meccanismo d’azione: aumento del flusso ematico con conseguente azione antiflogistica, antiedemigena e stimolante il metabolismo cellulare, stimola il ricambio elettrolitico della cellula con aumento del metabolismo, elevata attività mitocondriale associata alla produzione di atp = effetto analgesico per interessamento diretto delle strutture nervose e sensitive. Trattamento a giorni alterni sia a scansione che fissa sui punti dolenti

Tecniche manuali es terapeutici

n.b è importante agire sui sintomi per evitare il circolo vizioso che si autoalimenta

Controllo delle contratture e recupero articolare: ripristino di una corretta cinematica con esercizi di ricentraggio attivo della testa omerale (m.sovraspinoso, abbassatori lunghi : gran dorsale e gran pettorale) precoce attivazione per ottenere la centrazione articolare per tutto il rom : esercizi propriocettivi di perfetti

Biofeedback : percepire meglio il grado di contrazione dei vari muscoli da attivare: esercizi attivi assistiti, eseguiti autonomamente verificando la tensione sul monitor, con contrasto.

Massaggio profondo secondo la tecnica di stimolazione miofasciale sul tessuto dolente per interrompere il ciclo vizioso

Stiramento dei muscoli contratti

Conclusione del trattamento per schemi motori corretti, senza compensi

Trattamento chirurgico:

stadio 1 e 2 per:

trattamento di acromion plastica e bursectomia per via artroscopica.

Post operatorio:

ª immobilizzazione con tutore (10-20 gg)

ª trattamento rieducativo

ª sport dopo tre mesi

stadio 3

trattamento chirurgico

immobilizzazione con tutore

sport dopo 4-6 mesi

lesione cuffia dei rotatori porta a : deficit articolare, dolore, riduzione delle afferenze propriocettive, compensi e movimenti stereotipati.

trattamento chirurgico in artroscopia

sutura : traumatismo chirurgico minore, cicatrizzazione priva di aderenze, approccio riabilitativo precoce

Obiettivi della rieducazione dopo sutura della cuffia:

Valutazione obiettiva:

analitica (articolarità e trofismo)

globale (postura, articolazioni collegate)

tecniche:

rieducazione classica

fisioterapia strumentale

esercizio terapeutico conoscitivo

perfetti (etc) metodica riabilitativa che si propone il superamento della patologia mediante la risoluzione di compiti di tipo percettivo. Risoluzione di un problema percettivo con riorganizzazione di un determinato movimento

Il trattamento inizia due settimane dopo e continua per tre mesi, con esercizi personalizzati a domicilio.

l’intervento per:

_ decoattazione (maggior movimento, minor sforzo muscolare, minor dolore: recupero del movimento in ambiente protetto)

tecniche : mobilizazione passiva(spalla immersa e pz in orizzontale supino, il ft controlla la scapolo omerale e scapolotoracica per evitare i compensi), esercizi di riscaldamento( precedono il lavoro attivo e si effettuano su tutti i piani dello spazio) esercizi con il bastone (lavoro in articolarità, stretching simmetrico, facilitazione con arto sano) esercizi con i guanti (esercizio contrastato, simmetrico, su tutti i piani di movimento , modica resistenza) esercizi con elastici (es in concentrica ed eccentrica) esercizi con palette (resistenza continua al movimento nella fase di antata e di ritorno per sollecitare agonisti ed antagonisti) es. con galleggianti (incrementano il lavoro muscolare con notevole contrasto aumentando la velocità di movimento aumenta la resistenza offerta dall’acqua e l’impegno muscolare; il galleggiante può essere sfruttatoa anche per recuperare l’articolarità lasciando che l’as venga spinto nella direzione del galleggiamento) esercizi propriocettivi, con tavoletta, con il tubo, con la palla (palla per gli sport di lancio facendo simulare il gesto al pz in apnea sul fondo vasca. Al termine della seduta esercizi di stretching e rilassamento con bracciate libere in acqua alta.

COMPLICANZE:

Capsulite adesiva:

Può comparire dopo intervento in artroscopia o a cielo chiuso con comparsa di Dolore, limitazione del movimento attivo e passivo.

Eziopatogenesi :

produzione di citochine che determina una reazione fibroblastica e produzione di collagene responsabili della fibrosi

completa ® multidirezionale

incompleta® unidirezonale

trattamento :

farmacologico

rieducativo

recidive di rottura della cuffia : nelle lesioni massive operate, spesso clinicamente silente

recidive di lussazione:

rioperare il pz : più costrittivo e minor recupero articolare.

 

 

IL PIEDE NELLO SPORTIVO :

una delle quattro principali cause di dolore con: lombalgia, mal di testa, dolore addominale.

Presente in 80% degli adulti civilizzati da deformità e malformazioni, attività sportiva.

Esprime il processo evolutivo da quadrupede a bipede: battaglia antigravitaria® unica struttura sempre a contatto con il terreno: nella deambulazione e nella corsa il piede riceve le sollecitazioni dall’ambiente esterno per riorganizzare le risposte motorie. Nb maggior rappresentazione sensitiva corticale rispetto a quella motoria , inversamente alla mano.

Efficienza : equilibrio fra stress cui è sottoposto il piede e la capacità di resistervi.

Stress troppo forti ® rottura dell’equilibrio.

Ridotta resistenza del piede (malattie, deformità )

Conseguenze :

sovraccarico con : dolore da infiammazione

lesioni croniche secondarie

sportivi amatoriali: proteggere il piede da gesti errati

sportivi professionisti : favorire il gesto e la performance

Anatomia funzionale del piede:

movimenti: pronazione e supinazione

piede= elica a passo variabile:

piede astragalico : astragalo, scafoide, cuneiforme, primi tre raggi

piede calcaneare: calcagno, cuboide, ultimi due raggi

il rapporto fra piede astragalico e piede calcaneare è mediato dall’articolazione sottoastragalica: passo dell’elica, altezza della volta plantare:

piede in continuo stato di variabilità : funzionalmente si comporta come una struttura flessibile sia come una struttura rigida

le singole articolazioni del piede partecipano in modo armonico e concatenato in pronazione e alla supinazione. Tale unità è la catena cinematica del piede. Il piede però appartiene alla catena cinematica dell’arto inferiore: ai movimenti del piede corrispondono i movimenti delle strutture sovrasegmentarie:

pronazione piede:® flessione/adduzione/ intrarotazione tibia

flessione di ginocchio

adduzione/intrarotazione del femore

supinazione piede:® estenzione/abduzione/extrarotazione tibia

estensione di ginocchio

abduzione/extrarotazione del femore

i movimenti del femore si associano a quelli dell’anca :

a ginocchio esteso si ha un blocco delle rotazioni; la rotazione è trasmessa alla tibia dal femore o viceceversa.

Ne consegue che:

piede supinato® organo di moto.

Tali variazioni di assetto del piede devono avvenire in tempi precisi nell’ambito del ciclo del cammino.

Passaggio fra irrigidimento e rilasciamento del piede si trova anche nello sviluppo ontogenico e filogenetico: progressivo irrigidimento passando dai mammiferi all’uomo.

Nello sviluppo ontogenetico si assiste ad un alternanza di rilasciamento ed irrigidimento: tali variazioni terminano verso i tre anni quando il piede assume la sua conformazione definitiva.

DEFORMITA’:

Piattismo: persistente o prevalente stato di rilasciamento

Cavismo: persistente o prevalente stato di irrigidimento

Entrambe le deformità sono dovute ad alterazioni capsulo legamentose, muscolari, alterazioni ossee.

Massima pronazione= piede piatto astragalo verticale

Massima supinazione= piede torto equino varo supinato

Alternanza fra piattismo e cavitazione: meccanismo di protezione delle strutture osteoarticolari, muscolari, cutanee, che riduce il tempo di carico sul piede, facilita la vascolarizzazione: se manca = stress.

Piede e sport:

sovraccarico per :

fattori estrinseci : scarso, errato allineamento, esecuzione errata del gesto atletico, calzature incongrue, terreni sempre diversi

fattori intrinseci: deformità del piede o sovrasegmentarie, perdita di elasticità delle strutture anatomiche, ipostenia o squilibrio muscolare, deficit di coordinazione su base neuromuscolare, lassità legamentosa generalizzata.

Corsa: il tallone è soggetto ad elevatissimi stress da impatto. Nella prima fase di appoggio il piede va incontro a una iperpronazione dinamica espressa dall’angolo delta: asse della gamba e asse del retropiede.

Pronazione: è necessaria per l’assorbimento dello stress da impatto ma se è eccessiva determina sovraccarico delle strutture anatomiche mediali del piede

A livello sovrasegmentario una eccessiva pronazione del piede determina o aggrava : tendinopatie del tendine rotuleo, dolore anteriore al ginocchio da iperpressione esterna.

L’eccessiva pronazione della sottoastragalica si associa a intrarotazione della tibia e ginocchio determinando lo stiramento delle strutture capsulo legamentose interne del ginocchio o aumento dinamico dell’angolo q formato dalla risultante delle forze del quadricipite e dell’asse del tendine rotuleo

Le deformità del piede se compensate funzionalmente possono non dare sovraccarico nello sport.

Piede piatto:

Un piede pronato risulta meno adatto all’attività sportiva perché prevalendo la fase di appoggio risulta penalizzato nella spinta e nella velocità® ridotta supinazione e quindi scarsa capacità del piede di formare una leva rigida atta all’attuazione del movimento .

Il piede piatto è asintomatico durante l’accrescimento: dopo i 12 anni con la crescita ponderale e l’aumento dell’attività, se il piattismo è funzionale può comparire sintomatologia dolorosa:

piatti funzionali: scarsa correzione del valgismo del retropiede in stazione sulle punte; correzione manuale del rapporto astragalo calcaneare che non permette la dorsiflessione del piede. La dorsiflessione passiva dell’alluca in stazione eretta non provoca la ricomparsa della volta plantare.

piatti non funzionali: difficoltà a camminare sui talloni per retrazione del tendine d’achille.

Casi dubbi: gait analysis che evidenzia le differenze di intensità e di comparsa delle forze esercitate dal piede con aumento della pronazione del piede, intrarorazione della tibia durante la fase di appoggio, deficit di spinta.

Riconoscere il piede funzionalmente piatto permette di evitare trattamenti inutili: il piede piatto è più stabile di quello supinato ma col tempo il deficit funzionale predispone alla sindrome da pronazione cronica che provoca stiramento delle strutture capsulo ligamentose e tendinee mediali, plantalgie, fasciti plantari e metatarsalgie da insufficienza del primo metatarso.

L’accentuata intrarotazione della tibia e flessione del ginocchio può portare ad un aumento degli stress a livello sovrasegmentario

Piede piatto come compenso di

Piede cavo:

risulta più predisposto al gesto atletico (salto, corsa) in quanto si trova in fase di spinta e irrigidimento.

Svantaggio: instabilità intrinseca che porta a frequenti episodi distorsivi in varo-supinazione e caduta in equinismo del primo metatarso= effetto tripode sotto carico: per consentire l’appoggio del 5 metatarso il piede ruota internamente con sviluppo di deformità secondaria in varismo del tallone.

Altra caratterisctica è lo slivellamento tra retropiede e avampiede che nel giovane è compensata dall’elasticità delle articolazioni; questo porta ad alcuni svantaggi:

  1. col tempo la deformità si irrigidisce con una costante dorsiflessione della tibiotarsica e dolori da stiramento dei legamenti della sindesmosi tibio peroneale distale. La costante dorsiflessione determina un allargamento della pinza tibio peroneale visto che la porzione anteriore dell’astragalo risulta più ampia e che la dorsiflessione esagera questa tendenza.
  2. Sovraccarico della struttura calcaneo-achilleo-plantare che determina tendinopatie del tendine d’achille, entesiti della muscolatura intrinseca, fasciti plantari
  3. Sovraccarico del piede con comparsa di metatarsalgia favorita anche dalla frequente deformità a griffe delle dita

Trattamento ortesico :

plantari: dispositivi esterni al piede, inserito all’interno della calzatura, modifica in maniera controllata e predeterminata le forze di reazione che agiscono sulla pianta del piede e il loro comportamento temporale , con lo scopo di migliorare la funzionalità del piede e di tutto l’arto inferiore e di ridurre i carichi patologici che si determinano sulle componenti strutturali durante la stazione eretta e la marcia.

Il riequilibrio del piede e dell’arto inferiore favorisce la riduzione del dolore e può prevenire la recidiva per sovraccarico delle strutture.

n.b : anamnesi accurata

valutazione dell’aaii e dei disturbi lamentati dal paziente

radiografie standard

tac e o rmn

  1. FISSI O MOBILI
  2. STANDARD O SU MISURA
  3. METODO DI FABBRICAZIONE
  4. FUNZIONE (CORRETTIVI, FUNZIONALI, DI COMPENSO, MISTI)
  5. PROPRIETà FISICHE DEI MATERIALI IMPIEGATI (RIGIDI, SEMIRIGIDI, MORBIDI)ù

PLANTARI FISSI sono inseriti in maniera stabile all’interno della calzatura, modelli standard per l’infanzia come prevenzione del piede piatto: svantaggi: non prevengono una deformità di dubbia insorgenza futura, non seguono i movimenti fisiologici del piede dentro la scarpa possono causare contratture della muscolatura corta o irritare la cute plantare.

PLANTARI MOBILI : sono i più usati. Possono essere realizzati da un calco gessato del piede.

PLANTARI RIGIDI: es: per piede piatto infantile con stabilizzazione del rapporto astragalo calcaneare e mantenerlo corretto per un tempo sufficiente alla ristrutturazione ossea: contiene il retropiede, il massimo della spinta è sotto alla testa dell’astragalo.

Il trattamento del piede piatto in infanzia è variabile e non deve iniziare prima del 3-4 anni, a partire da questa età possono essere trattati i piedi sia morfo che funzionalmente piatti che col passare del tempo potrebbero portare ad una sintomatologia algica del pide o sovrasegmentaria e allo sviluppo secondario di deformità dell’avampiede. L’uso di plantari nell’attività sportiva del bambino potenzia l’efficacia dell’ortesi perchè l’attività motoria è fatta con il piede in posizione corretta.

Il trattamento con le ortesi deve protrarsi fino alla normalizzazione del piede o al massimo fino alla stabilizzazione morfofunzionale. Se il plantare non porta a miglioramenti dopo tre anni si decide per intervento chirurgico.

Il plantare rigido deve essere confezionato da calco gessato preso con l’articolazione sottoastragalica in posizione neutra nel punto medio fra supinazione e pronazione. Il calco è effettuato in scarico in quanto in carico risulta molto più difficile.

Vantaggi: lunga durata del plantare senza necessità di aggiustamenti, possono essere usati all’interno delle calzature normali

Svantaggi : plantari duri, difficili da adattare, non hanno imbottitura, non assorbono lo stress da impatto. Sono difficilmente tollerate dal soggetto adulto, non sono indicate in soggetti che fanno sport, controindicati per deformità rigide.

PLANTARI MORBIDI: indicati per deformità rigide del piede che si associano a callosità dolenti, pz affetti da diabete o malattie reumatiche con alto rischio di ulcerazioni della cute o in pazienti anziani in assenza di deformità importanti ma con ipotrofia della soletta plantare e rigidità articolare. Controindicazione per soggetti che effettuano attività sportiva.

I plantari morbidi possono assorbire lo stress da impatto o delle forze di taglio, proteggere o scaricare la pressione in determinati punti della pianta del piede partendo dal presupposto che la pressione planare è direttamente proporzionale alla forza applicata e inversamente proporzionale alla superficie di applicazione della forza.

Fabbricati con materiali ad elevato coefficiente di deprimibilità come i derivati del polietilene, poliuretano, la gomma o schiume di plastica, silicone partendo da un calco del piede anche in stazione eretta.

Possono essere costruiti anche in stazione eretta in quanto la neutralità dell’articolazione sottoastragalica può non essere ricercata e inoltre spesso non può essere raggiunta a causa della rigidità della deformità.

Con alcuni materiali il plantare può essere modellato dalla funzione del piede durante la deambulazione. I plantari sono molto flessibili, soffici, adattabili al paziente e quindi possono perdonare modesti errori di confezione.

Svantaggi: sono ingombranti e necessitano di scarpe a calzata molto ampia e hanno durata limitata in quanto con l’uso i materiali di fabbricazione tendono a perdere le loro caratteristiche fisiche.

PLANTARI SEMIRIGIDI: ortesi ad azione funzionale e di compenso contemporaneamente: modificano la funzione delle articolazioni del piede e sovrasegmentarie e scaricano o cambiano il comportamento temporale delle forze che si applicano a livello plantare durante la fase di appoggio.

Utilizzato dai pz sportivi per proteggere il piede e migliorare il gesto atletico.

Costruiti con materiali morbidi a differente deprimibilità e rinforzati a livello del retropiede da conchiglie costituite da strati di materiale rigido per la stabilizzazione del retropiede. Sono costruiti a partire da un calco del piede in scarico con l’art. sottoastragalica in posizione neutra.

Agiscono utilizzando materiali ad elevato assorbimento a livello del tallone per ridurre l’impatto, materiali a minore deprimibilità nella parte mediale del plantare per dominare la pronazione dinamica in fase d’appoggio, l’associazione di un invaso rigido in caso di piede pronato per mantenere in posizione neutra il retropiede.

Cuneo mediale all’avampiede per retropiede pronato secondario ad avampiede rigido e supinato.

La limitazione della pronazione dinamica e la correzione dell’eccesso di pronazione del retropiede permette di favorire li gesto atletico con risparmio di tempo ad ogni passo.

In caso di eccesso di supinazione da deformità in equinismo prevalente del 1 mtt o da pronazione rigida dell’avampiede, il plantare deve essere costruito da un invaso stabilizzante il retropiede associato a un cuneo laterale dell’avampiede o ad uno scarico selettivo della testa del 1 metatarso per ridurre l’effetto tripode e i fenomeni distorsivi della caviglia.

In caso di metatarsalgia si usa un plantare che corregga i difetti del retropiede scaricando i raggi sovraccaricati e caricando quelli insufficienti mediante l’associazione di materiali a diversa reperibilità.

RIABILITAZIONE DEL PIEDE:

per sportivi di alto livello e amatoriali..

comprende:

riabilitazione in senso generico

ripresa del gesto atletico a livello preinfortunio.

Attuata attraverso la conoscenza delle tecniche riabilitative che dei gesti specifici e di base a cui le strutture anatomiche sono sottoposte.

Funzionalità del piede dipende dall’equilibrio fra lo stress che riceve e gli ammortizzamenti effettuati.

L’equilibrio viene compromesso con:

la riabilitazione :

La riabilitazione agisce sui fattori:

estrinseci: gesto atletico e allenamento

intrinseci: elasticità, forza, coordinazione

strutture sovrasegmentarie collegate

protocollo :

Progressione degli esercizi: passivo® attivo® controresistenza, stretching

il trattamento deve essere personalizzato rispetto ad età, lesione riportata, sport praticato, livello di attività.

Protocolli specifici: in base a :

Piede piatto: prevalenza di pronazione. Trattamento: potenziamento dei muscoli supinatori, allungamento del tricipite, rinforzo dell’azione propulsiva dell’alluce, rinforzo cavizzante, cammino costiero, cammino sulle punte.

Piede piatto in accrescimento, intervento dopo i 3-4 anni di età. Nell’adulto si ha presenza di una minor efficacia della fase di spinta nella corsa e nel salto, essendo un piede rigido e stabile il gesto verrà eseguito in ritardo.

Piede cavo: prevalenza della supinazione con deficit del tricipite, tibiale anteriore, intrinseci(fl. Breve alluce, interossei, lombricali), prevalenza dei supinatori, retrazione della fascia plantare, flessoestensori delle dita, retrazioni capsuloligamentose. Trattamento: rilassare e allungare i muscoli mediali e flessoestensori delle dita, rinforzare i pronatori: tibiale anteriore, interossei,: aumentare l’elasticità della fascia plantare, con mtf in flessione e if in estensione, mobilizzare la sottoastragalica in valgismo e la tibiotarsica e mediotarsica in estensione. Es: cammino sui talloni.

In accrescimento: essendo molto elastico in genere non dà problemi.

Nell’adulto: essendo in condizione di spinta ha rapidità d’azione, predisposizione alle distorsioni per una maggiore instabilità.

Post chirurgico:

tipo di intervento

limitazioni funzionali

tempi di carico= tempi di guarigione dei tessuti riparati.

Immobilizzazione e assenza di carico: limitata al tempo stretto necessario perché se prolungata determina:

anchilosi fibrosa: delle piccole articolazioni con limitazioni del rom

atrofia muscolare: fino a fibrosi, legata anch al traumatismo chirurgico

lassità legamentosa con riassorbimento osseo

degenerazione cartillagine

alterata conduzione neuromuscolare

immobilizzazione con tutore permette:

precoce mobilizzazione passiva

massaggio

elettroterapia

magnetoterapia

immobilizzazione con gesso permette:

mobilizzazione delle stazioni articolari vicine delle dita

isometrica

prevenzione degli infortuni acuti e del sovraccarico cronico:

es. per articolarità completa

es. per rinforzo muscolare simmetrico

es. per elasticità, coordinazione, ripresa specifica del gesto atletico

allenamento per la forza fisica ed evitare gli infortuni

calzature

bendaggio preventivo

n.b è importante conoscere le calzature utilizzate, il tipo di terreno che interferiscono con la performance e con le patologie. Modalità di assorbimento del carico durante l’attività e il coefficiente di attrito fra scarpa e suolo.

LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE:

Ginocchio : articolazione intermedia dell’arto inferiore e svolge pertanto due importanti funzioni:

il ginocchio determina e regola la lunghezza dell’arto inferiore grazie alla notevole plasiticità della flessione.

Meccanicamente l’articolazione del ginocchio è dotata di :

grande mobilità (da un certo grado di flessione) durante la marcia

grande stabilità (in estensione completa) durante il carico dove riceve importanti forze compressive.

La morfologia delle superfici articolari e la biomeccanica dell’apparato muscolo capsulo legamentoso lo espongono al rischio di lesioni con un trattamento riabilitativo impegnativo.

Anatomia:

2 articolazioni: femoro tibiale e femoro rotulea

stabilità funzionale è data dall’apparato mio- capsulo legamentoso

mobilità :

flex – est: 0°-140° (160° passivo)

intra – extra : 30° - 40° (in flex 90°)

varo – valgo: 0°

l’articolazione femoro tibiale (troclea) è formata dall’estremità distale del femore (condilo mediale e laterale, convessi nei due sensi) e dal piatto tibiale dove si trovano 2 cavità una interna e una esterna separate dalle spine tibiali.

L’articolazione femoro tibiale è costituita da due superfici non perfettamente congruenti fra loro e per questo si ha un equilibrio instabile. Per aumentare la congruenza si interpongono due formazioni fiibrocartilaginee semilunari: i menischi (lat a 0 e med a C, proteggono le superfici articolari, fungono da ammortizzatori e partecipano alla stabilità del ginocchio, aumentano la congruenza articolare)

Articolazione fempro rotulea è costituita dalla troclea femorale, cavità situata fra i due condili e la faccia posteriore della rotula, osso sesamoide incluso nell’apparato estensore del ginocchio

L’apparato mio- capsulo-legamentoso è sostituito da :

stabilizzatori passivi: strutture ossee

strutture connettivali ( capsula, menischi, legamenti)

stabilizzatori attivi : muscoli

legamenti:

collaterali e crociati hanno un ruolo nello stabilizzare l’articolazione del ginocchio

collaterali:

esterno: da condilo femorale esterno alla testa del perone

interno : da condilo femorale interno alla tibia

tesi in estensione e detesi in flessione

crociati:

LCA: da eminenza intercondiloidea della tibia , in alto e in dietro a faccia mediale del condilo laterale . 2 fasci : postero mediale e antero laterale

LCP : dietro eminenza intercondiloidea della tibia fino a faccia laterale del condilo femorale mediale

Muscoli: quadricipite: estensore

Ischiocrurali: flessione ginocchio, rotazione interna tibia

Zampa d’oca (gracile e sartorio) flessione e rotatore interno della tibia

Popliteo : inizia la flessione

Gemelli bilanciano le forze quadricipitali stabilizzando l’atricolazione sul piano sagittale

Tensore fascia lata

Biomeccanica: deve conciliare :

questo è possibile grazie a :

movimenti:

flessione ed estensione

rotazioni a ginocchio flesso

dall’estensione alla flessione i condili:

la tibia:

All’inizio ruota internamente

Alla fine ruota verso l’esterno ( l’lca è messo in tensione , maggiori dimensioni del menisco interno, maggiori dimensioni del condilo mediale)

Stabilità per :

legamenti crociati (antero/posteriore)

legamenti collaterali (latero/laterale su piano sagittale e frontale)

LESIONE LCA:

anamnesi:

età

attività

modalità del trauma:

aspettative dalla eventuale ricostruzione.

Esame obiettivo:

ispezione e palpazione:

acuto: aree di ecchimosi, tumefazione o deviazione dell’asse femoro tibiale o femoro rotuleo

cronico: ipotrofia di quadricipiti e flessori

test specifici:

di lassità o staticI:

Cassetto anteriore: pz supino con anca flessa a 45° e ginocchio a 90° si afferra la testa tibiale e si esercita una trazione in avanti

Lacman test: pz supino con ginocchio flesso di 15 – 30° l’esaminatore tiene il femore con una mano mentre l’altra tende ad anteriorizzare la tibia

Test di instabilità o dinamici:

pivot – shift: pz supino , l’esaminatore afferra e immobilizza il condilo femorale laterale con una mano e palpa la tibia o la fibula prossimale con il pollice, con l’altra mano mantiene la parte inferiore della gamba in intrarotazione e abduzione e sollecita in valgo. Da posizione di partenza il ginocchio viene poi flesso

jerk – test : simile al precedente

stress in varo – valgo

esami strumentali: rx – rx sotto carico

tac – rmn

kt

chirurgia : ideale:

tendini per la ricostruzione: biocompatibile

rotuleo, facilmente disponubile ® non esiste

gracile e semitendinoso bassa morbidità

quadricipite biomeccanicamente simile a quello vero

artificiale facile da impiantare

da donatore efficace a lungo tempo

possibilità di reintervento

rottura dell’LCA porta a :

perdita di stabilità con:

allenamento stabilizzatori 2°

lesioni meniscali ® deterioramento ginocchio in toto

degenerazione cartillaginea

degenerazione osso sub condrale

Criteri di decisione sull’intervento:

trattamento conservativo per:

indicazioni chirurgiche:

RIEDUCAZIONE PREOPERATORIA :

RIEDUCAZIONE POST OPERATORIA :

recupero di :

Valutazione:

preoperatoria

postoperatoria:

studio analitico del ginocchio

valutazione globale e funzionale di :

fattori che condizionano il buon esito dei trattamenti:

lavoro in equipe: impossibile standardizzare

Trattamento personalizzato che tiene conto dell’aspetto psichico e relazionale = aspettative del pz.

Trattamento :

2 fasi :

esercizi senza carico

esercizi in carico

metodiche: kinesiterapia classica

terapia strumentale

idrochinesiterapia

trattamento PRECOCE con:

es. antitromboembolici

es. respiratori

mobilizzazione passiva continua (kinetek)

crioterapia

informazioni al pz: terapia anti infiammatoria, analgesica, anticoagulante, tempi di rimozione dei punti di sutura.

Sfrutto:

riposo funzionale

tens (antalgica)

tecarterapia (antalgica)

laser terapia (antinfiammatoria e di attivazione del microcircolo)

mobilizzazione passiva e/o attiva assistita dell’articolazione

massaggio di scarico

® riduzione edema e turgore tissutale

Recupero rom ed elasticità dei tessuti molli:

domicilio: mob. passiva continua (kinetek)

centro riabilitativo:

1. mob passiva e attiva assistita in base al protocollo nel non dolore

2. fase avanzata:

cyclette ed esercizio attivo

3. da subito: reupero dell’estensione con :

gravità, corde, elastici, pesi, contrazioni eccentriche della catena posteriore, stretching della catena posteriore

recuper rom in base alle richieste del pz:

0°-60° flessione : cammino su terreno in piano

0° - 90° sedersi e alzarsi dalla sedia

> 90° : raccogliere gli oggetti

  1. mobilizzazioni passive e attive assistite delle articolazioni adiacenti
  2. scollamento della ciccatrice e dello sfondato sottoquadricipitale
  3. mobilizzazione della rotula
  4. linfodrenaggio ed eventuale tecar terapia per ridurre il versamento

Recupero dell’adattabilità = eliminare i compensi con:

metodiche percettive: induco il snc a rielaborare un gesto adattabile a qualsiasi compito

(da problema percettivo il pz deve ricostruire uno schema sensitivo motorio corretto, riprogrammando le afferenze che giungono al snc)

utile per controllare eventuali contratture antalgiche

rieducazione propriocettiva:

corretta percezione dell’articolazione nello spazio

risposte muscolari riflesse alle sollecitazioni esterne rapide e vicine a quelle fisiologiche.

Approccio:

iniziale: catena cinetica aperta per tronco e arti inferiori

per il ginocchio esercizi prima in catena cinetica chiusa e poi in catena cinetica aperta (quando l’articolazione è stabile e non dolorosa sotto carico)

Es in Catena cinetica chiusa :

facilitanti con il paziente seduto

appoggio bipodalico (destabilizzazioni di bacino e arti superiori, mezzi di instabilità crescente, senza l’ausilio visivo, percorso propriocettivo)

appoggio monopodalico : per risvegliare e stimolare le strutture propriocettive

Riequilibrio muscolare:

per la stabilità i muscoli flessori, estensori e rotatori devono essere reclutati contemporaneamente e devono perciò essere in equilibrio reciproco:

  1. inizio precoce con contrazioni isometriche del quadricipite, isometriche – isotoniche degli ischiocrurali
  2. elettrostimolazione a alto voltaggio di estensori e flessori associata a contrazione attiva
  3. allenamento specifico per il Vasto mediale (unico stabilizzatore mediale dinamico della rotula, intimi rapporti con i muscoli adduttori dell’anca, ripristino del rapporto vasto mediale e vasto laterale <1 nella patologia)
  4. lavoro in catena cinetica chiusa: con carico concesso pari al 50% peso corporeo per : quadricipite, ischiocrurali, rotatori. Lavoro prima in isotonico eccentrico poi in concentrico
  5. lavoro sulla cyclette
  6. cammino su tapis roulant
  7. lavoro in catena cinetica aperta per il quadricipite: cautela nell’estensione completa per rischio cassetto anteriore
  8. vantaggi del lavoro in ccc verso cca: favorisce l’attivazione coordinata di quadricipite e ischiocrurali, diminuzione delle forze stressanti sulla flessione e rotazione fra 60° e 90° di flessione

  9. attività contro resistenza in concentrica
  10. elastici
  11. ripresa graduale dell’attività sportiva : esercizi precedenti con maggior intensità, velocità, numero di serie e ripetizioni

tapis roulant (cammino veloce, corsa, salto)

cyclette (sella bassa e resistenza sui pedali)

step (escursione di 15 – 20°)

allenamento eccentrico e aerobico : incrementa la resistenza muscolare e cardio vascolare)

esercizi sport specifico con progressivo ritorno sul campo

es. pliometrico per il recupero della reattività e corretta sequenza di allungamento e accorciamento del muscolo

tecnica del gesto sportivo

ritorno all’attività sportiva:

  1. accurato programma di stretching : per recupero dell’elasticità muscolare e garantire un lavoro articolare funzionale

si conclude la seduta sempre con stretching e ghiaccio.

Carico: precoce per ridurre il rischio di rigidità e il perdurare del deficit funzionale.

Inizialmente carico sfiorante con une antibrachiali e cammino a tre punti di appoggio

Poi carico progressivo con abbandono del bastone omolaterale, fino a carico completo

Rieducazione al passo: è fondamentale per poter riprendere la vita normale e lo sport praticato: ripristinare lo schema corretto e eliminare lo schema dato dall’intervento e dalla patologia: zoppia e incapacità di ammortizzare: esercizi di controllo e percezione del trasferimento di carico, insegnare al pz a camminare con passi di ugual lunghezza controllando la tendenza ad accorciare la fase oscillante dell’arto sano, estensione del ginocchio operato in fase di appoggio, corretta sequenza tallone – pianta – punta.

Valutazione della postura ed eventuale rieducazione posturale

Terapia in acqua

  1. sfrutta la spinta di galleggiamento: le articolazioni lavorano in decoattazione (movimento articolare più facile e ampio, minor sforzo muscolare, diminuzione o assenza di dolore.
  2. sfrutta la pressione idrostatica che determina una riduzione dell’edema , intensa stimolazione esterocettiva con maggiore percezione del movimento.

obiettivo: sfrutto le difficoltà e facilitazioni che l’esercizio in acqua comporta per recuperare le migliori condizioni di motorie sulla terra : intervento tempestivo : inponente effetto biologico sui tessuti stimolati ad una rapida e corretta guarigione

nell’immediato post operatorio è possibile un lavoro nell’acqua alta: è il pz che decide il carico di lavoro cui sottoporre la propria articolazione

lavoro in regime di resistenza accomodante , variabile modificando la velocità e l’ampiezza del movimento e l’attrezzatura utilizzata

controllo di : modalità del movimento, controllo dell’intensità degli esercizi: lavoro globale e simmetrico

NB il pz non deve mai sforzare i limiti articolari e provare dolore durante l’esecuzione degli esercizi: in caso si presenti dolore : ridurre la velocità e l’ampiezza del movimento

Accesso alla vasca: 10 – 15 gg dopo intervento : manipolazione passiva e manipolazioni rotulee

Esercizi in acqua alta per potenziare la muscolatura,anche selettiva, per aumentare il rom, allungare le catene posteriori e recuperare l’estensione; il recupero della propriocettività con tubi e tavoletta.

Passaggio graduale all’acqua bassa : precoce rieducazione al passo, proseguire il recupero rom, continuare il lavoro di stretching, propriocettiva in catena cintica aperta e chiusa, proseguire il rinforzo muscolare.

Riabilitazione avanzata:

esercizi in acqua alta per ottenere il massimo potenziamento ed equilibrio muscolare con recupero del gesto sportivo specifico, nuoto controresistenza, esercizi controresistenza (capacità di variare il getto) uso di pinne, flap.

 

RIABILITAZIONE DELLE DISTORSIONI DELLA CAVIGLIA:

L’articolazione della caviglia (tibiotarsica ) è l’articolazione distale dell’arto inferiore , è costituita da tre articolazioni

Tibio tarsica o tibio astragalo peroneale® flessoestensione

Sottoastragalica (astragalo calcagno cuboidea)® pronazione, supinazione, abd/adduzione

Mediotarsica di chopart ( art astragalo navicolare e calcaneo cuboidea = unisce le ossa posteriori a quelle inferiori)® abduzione, adduzione

È costituita da un complesso apparato osteo legamentoso, da fattori ossei e muscolari

2 movimenti complessi :

eversione: abduzione/pronazione/estensione

inversione: adduzione/supinazione/flessione.

La stabilità della caviglia è assicurata da fattori ossei, capsulo-legamentosi e muscolo-tendinei.

FATTORI OSSEI:

- la troclea dell’astragalo è più larga in avanti che indietro per cui nel movimento di estensione il piede è saldamente incuneato nel mortaio tibio-peroneale

FATTORI LEGAMENTOSI:

in posizione neutra ed in flessione la stabilità è data medialmente dal legamento deltoideo, lateralmente dal legamento collaterale esterno:

- sindesmosi tibio-peroneale, formata dai legamenti:

FATTORI MUSCOLARI:

i muscoli agiscono da stabilizzatori secondari. I principali sono:

Eziopatogenesi: 85% traumi in inversione

5% traumi in eversione

10% traumi in estensione e rotazione esterna forzata (lesione sindesmosi)

prevalenza delle distorsioni in inversione :

maggior frequenza tra gli atleti del morfotipo cavo supinato rispetto al piatto pronato (per "selezione naturale")

Normale 35% alta resistenza LD

Cavo varo 51% ¯ LPC

Piatto 4% ¯ LPAP

Cavo valgo 10% bassa resistenza LPAA

Biomeccanica :

Funzionalmente il piede si comporta in modo ritmico, come una struttura rigida nella fase di stacco dal suolo e flessibile durante la fase di risposta al carico. La struttura che meglio definisce il piede è un elica a passo variabile che nella fase di propulsione si avvolge irrigidendosi (supinazione della sottoastragalica) e nella fase di appoggio si svolge rilassandosi (pronazione della sottoastragalica).

Epidemiologia:

Le distorsioni di caviglia sono molto frequenti nella pratica sportiva.

Incidenza sport specifica:

PALLAVOLO ~ 30%

CALCIO ~ 20%

BASKET ~ 45%

FOOTBALL AMERICANO ~ 25%

Nell’85% dei traumi acuti di caviglia vengono coinvolte strutture capsulo-legamentose. Le strutture prevalentemente coinvolte sono:

Tessuti molli:

- Legamento collaterale esterno (trauma in inversione)

- Legamento deltoideo (trauma in eversione)

- Sindesmosi tibio-peroneale (estensione e rotazione esterna forzata)

- Articolazione sottoastragalica (legamento interosseo "a siepe" nel 2-6% dei casi, prevalentemente in inversione)

- Peronei (lussazione in inversione forzata)

- Nervo peroneo superficiale e nervo surale (inversione)

- Flessore lungo dell’alluce (eversione)

- Rottura sottocutanea del tendine d’achille

Strutture ossee:

le fratture rappresentano il 15% delle lesioni di caviglia. Spesso associate a lesioni capsulo-legamentose.

in eversione (85%):

- Frattura malleolare o bimalleolare

- Frattura osteocondrale supero-esterna dell’astragalo

- Pilone tibiale

- Perone

- Scafoide

in inversione:

- Frattura malleolare o bimalleolare

- Avulsione della base del 5°metatarso (peroneo breve)

- Frattura osteocondrale supero-interna dell’astragalo

in flessione:

- Tubercolo posteriore dell’astragalo e/o dell’os trigonum (osso triangolare del tarso ® tubercolo esterno del dorso dell’astragalo a volte in forma di osso separato)

in estensione:

- Collo dell’astragalo

fattori di rischio:

Piede cavo

- Retropiede varo

- Lassità capsulo-legamentosa

- Ipostenia dei peronei

- Lesioni precedenti

- Terreno di gioco

Classificazione:

Classificazione in base a criteri temporali:

- acute

- recenti su traumi distorsivi precedenti (entro 1aa)

- instabilità croniche (in soggetti predisposti)

Classificazione anatomo-patologica dei traumi acuti in inversione:

0°- non lesioni legamentose

1°- lesione parziale del LPAA

2°- lesione del LPAA e del LPC

3°- lesione del LPAA, del LPC e del LPAP

valutazione clinica:

- Ecografia

- RX standard

- Rx funzionali (varo <10°, cassetto anteriore <5 mm)

-RM, TC

grado clinica antepulsione

o : modesta tumefazione,dolore al malleolo esterno, talvolta piccolo ematoma 5 mm

  1. : edema ed ecchimosi laterale dolore moderato alla palpazione e sottocarico
  2. no segni di instabilità 8 mm

  3. : edema ed ecchimosi laterale, dolore vivo alla palpazione e sottocarico
  4. instabilità moderata 10-15 mm

  5. : edema ed ematoma esterno, dolore, supinazione instabilità marcata, impotenza

funzionale > 15 mm

Valutazione : cassetto anteriore, prono supinazione , palpazione dei legamenti.

Test di tomson: pz prono con gn flesso a 90° spremo il polpaccio e non ho alcuna risposta a livello del piede

Trattamento:

lesione 1° e 2° grado: terapia conservativa

lesione 3° grado : terapia conservativa e chirurgica

TRATTAMENTO DELLE LESIONI DI 1° E 2° GRADO

FASE ACUTA:

Il primo presidio post-traumatico è rappresentato dallo schema P.R.I.C.E. (2-3 gg).

Protection

Rest

Ice

Compression

Elevation

Deambulazione con carico sfiorante o parziale, con protezione della supinazione (gusci laterali, cuneo pronatorio) per 7 gg. Gesso nei casi + gravi (10-15 gg).

FASE SUB ACUTA:

Nelle distorsioni di caviglia di 1°e 2° la mobilizzazione precoce risulta prognosticamente favorevole in quanto:

- riduce la rigidità articolare

-favorisce il riassorbimento dell’edema

- stimola la riparazione tissutale

-favorisce il nutrimento tissutale

-limita le alterazioni neuromuscolari post-traumatiche

- Massoterapia decontratturante (eventualmente preceduta da impacchi caldo umidi)

- Stretching catene posteriori (ginocchio flesso ed esteso)

- Terapie Fisiche

- Mobilizzazione poliarticolare di caviglia e piede

- Training della deambulazione con carico progressivo, svezzamento dagli antibrachiali ed eventualmente protezione della supinazione (bendaggi funzionali, ortesi)

-Idrochinesiterapia

Ghiaccio dopo ogni seduta

In una prima fase:

- mobilizzazione passiva poliarticolare

In una seconda fase:

fase di guarigione:

esempi di esercizi:

Complicanze:

- instabilità funzionale cronica (10-20% delle distorsioni)

- dolore cronico di caviglia (20-40%) :

_ impingement (fibroso, iperplasia sinoviale, osseo, da corpi mobili)

_lesioni osteocondrali

_ lesioni tendinee (TP, Peronei, FLA)

- lesioni nervose (n.Surale e SPE)

Prevenzione delle ricadute:

- esercizi di potenziamento e di propriocezione

-utilizzo di taping preventivo (rinforzo degli stabilizzatori passivi, riduzione dell’arco di movimento, riduzione della flessione plantare nella fase di atterraggio) o di bendaggi funzionali.

 

LESIONI TENDINEE NELLO SPORT:

Anatomia funzionale:

I tendini costituiscono i segmenti prossimali e distali attraverso i quali la maggioranza dei muscoli scheletrici si inseriscono sull’osso (unità muscolo-tendinea). Essi trasmettono alle ossa la forza sviluppata a livello muscolare, rendendo possibili i movimenti articolari.

Hsnno una origine ed un inserzione

I tendini sono costituiti da tessuto connettivo compatto formato da fibre collagene (70%) prevalentemente di tipo I ed elastiche (‹5%), orientate nella direzione della trazione, da H2O, mucopolisaccaridi e dai tenociti che si dispongono in file parallele alle fibre. Le fibre si raggruppano in fasci primari, secondari e terziari, avvolti ciascuno da tessuto connettivo reticolare chiamato endotenonio. Un gruppo di fasci terziari forma il tendine che è circondato dall’ epitenonio (tessuto connettivo lasso).

La maggioranza dei tendini è avvolta da tessuto connettivo lasso chiamata peritenonio. Alcuni tendini di mani e piedi sono avvolti da una guaina sierosa formata da due foglietti, uno viscerale e uno parietale all’interno dei quali è presente liquido sinoviale. Il peritenonio e la guaina sinoviale così come le borse tendinee (SAD, retrocalcaneare, trocanterica..) hanno come funzione principale la riduzione dell’attrito. Altre strutture peritendinee sono i retinacoli (dei flessori e degli estensori di mani e piedi) e le troclee di flessione (CLB).

Alcuni tendini quindi sono avvolti dal peritenomio, altri sono avvolti da una guaina con due foglietti: uno viscerale e uno parietale interposti da liquido sinoviale.

I tendini si ancorano saldamente all’osso attraverso la giunzione osteo-tendinea, rinforzata da grossi fasci di fibre collagene (fibre di Sharpey) che si approfondano nell’osso. Nella giunzione osteo-tendinea si distinguono 4 zone ben distinte:

g tendine

g fibrocartilagine

g fibrocartilagine calcificata

g osso

Il tessuto fibrocartilagineo interposto fra tendine ed osso agisce da cuscinetto per diminuire gli stress inserzionali.

La maggior parte dei movimenti dell’uomo sono caratterizzati da una fase di contrazione muscolare di tipo eccentrico, immediatamente seguita da una fase concentrica (ciclo stiramento-accorciamento).

L’unità muscolo-tendinea (UMT) possiede una estensibilità tale da permettere un accumulo di energia elastica durante la fase eccentrica e sufficiente rigidità da consentire la conversione dell’energia elastica in energia meccanica durante la fase concentrica.

Il tendine è molto robusto, possedendo una forza tensile di 50-100 N/mm2, è in grado di allungarsi fino a circa il 4% della sua lunghezza a riposo e accumula da solo il 70% dell’energia elastica totale. Le caratteristiche biomeccaniche del tendine vengono di solito rappresentate dalla curva carico-allungamento in cui si individuano quattro fasi di cui solo le prime due rappresentano i carichi funzionali per un tendine (stiramento < 4%).

Fisiologia :

curva carico allungamento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In contrazione eccentrica abbiamo lo stiramento del tendine e l’accumulo di energia

In contrazione concentrica abbiamo l’accorciamento del tendine e la restituzione di energia.

 

 

1- fase di compliance (stiramento 0-2%)

2- fase di allungamento lineare (< 4%)

3- fase di deformazione plastica (stiramento 4-8% con microrotture)

4- fase di rottura (stiramento > 8% con macrorotture)

I tendini, tuttavia, dopo i 35 aa sono soggetti ad un fisiologico invecchiamento, perdendo in elasticità e robustezza.

Questo processo è favorito da:

- cause iatrogene (corticosteroidi, fluorchinolonici)

I tendini diventano così più suscettibili alle rotture ed alle sindromi da sovraccarico

I tendini nello sportivo costituiscono l’anello debole della catena osso-tendine-muscolo Adattamento all’allenamento:

Basso per il Tendine

Alto per il Muscolo

® Squilibrio forza muscolare/resistenza tendinea

Tendinopatie nello sportivo: ˜ 10%

Tendinopatie acute:

• rotture parziali

• rotture complete

Tendinopatie da sovraccarico:

• tendinopatie inserzionali (pubalgia, epicondilite...)

• peritendiniti (crepitanti; croniche)

• peritendiniti ad impronta tendinosica

• tenosinoviti (ipertrofico essudative; stenosanti)

• tendinosi

TENDINOPATIE ACUTE

Rotture parziali:

Solo alcune fibre tendinee vengono lesionate. Si può presentare in maniera acuta o progressiva, a volte in forma occulta. Non sempre impedisce all’atleta di proseguire l’attività.

Sintomatologia:

g dolore acuto spesso associato ad un movimento o ad un trauma diretto, a volte intermittente

g dolore riferito nella sede di rottura durante i movimenti attivi e in isometrica contro resistenza

g dolorabilità alla palpazione in sede di lesione

g possibile presenza di tumefazione ed ematoma localizzato

g possibile presenza di difetto tendineo

I tendini maggiormente interessati dalle rotture parziali sono l’achilleo, il sovraspinoso, il rotuleo e l’adduttore lungo.

Diagnosi:

Anamnesi, E.O.,

Ecografia e RM

Terapia:

PRICE in fase acuta, FKT e ripresa graduale.Eventuale ricorso alla chirurgia

PROTECTION

REST

ICE

COMPRESSION

ELEVATION

Rotture complete:

Coinvolge interamente il diametro tendineo, con diastasi dei monconi. È più frequente negli atleti dopo i 30 aa, in particolare alla ripresa dopo un periodo di inattività e spesso è associata una degenerazione tendinea.

Gli sport più coinvolti sono tennis, pallamano, calcio, rugby, salto in alto e in lungo. Il traumatismo può essere di tipo diretto o indiretto.

Prevalentemente sono interessati:

Sintomatologia:

g sensazione improvvisa tipo "schiocco", seguita da dolore acuto

g impotenza funzionale immediata

g presenza di edema ed ecchimosi

g alla palpazione dolore e presenza di "vuoto" in sede di lesione

g a volte scarso corredo sintomatologico

Diagnosi: Anamnesi, E.O., Ecografia e RM

Terapia: PRICE in fase acuta, chirurgia + FKT

Capo lungo del bicipite (CLB)

Colpisce prevalentemente i maschi di 50-60 aa, bilaterale nel 20-60% dei casi. Fattori predisponenti sono le instabilità di spalla, la tendinosi e la tenosinovite del CLB. La rottura può insorgere durante l’attivita lavorativa o sportiva o anche per banali movimenti.

Sintomatologia: dolore improvviso dopo sforzo, tumefazione, ecchimosi, < forza, massa palpabile. A volte la sintomatologia è molto sfumata.

Terapia: chirurgica + FKT

Estensore comune delle dita :

Si verifica più frequentemente in età giovanile, nel sesso m, nel lato dx ed è tipica del basket e della pallavolo. Il trauma può essere diretto in iperestensione o indiretto in iperflessione. La rottura è favorita dalla scarsa vascolarizzazione a livello preinserzionale distale.

Si può avere a due livelli:

g Mallet finger: si verifica con l’iperflessione della interfalangea distale e si classifica in 4 tipi a seconda della presenza di avulsione ossea e della grandezza del frammento osseo. Se non trattato si trasforma in dito a collo di cigno con iperestensione della IFP e flessione della IFD.

g Botounniere: si verifica con l’iperflessione dell’interfalangea prossimale e consiste nella rottura della sola banda centrale del tendine con conseguente flessione della interfalangea prossimale ed estensione della interfalangea distale.

Trattamento: 1° sett. conservativo

1°- 3° sett. conservativo-chirurgico

dopo 3° sett. astensione o chirurgia

Trattamento conservativo

Boutonniere: splint con iperestensione della interfalangea prossimale e flessione libera della interfalangea distale, continua per 6 settimane + discontinua per altre 6 settimane

Trattamento chirurgico

TENDINE QUADRICIPITE/ROTULEO

Sono in rapporto 1/3, ma la rottura del tendine rotuleo è più frequente tra 20-40 aa, mentre quella del quadricipitale tra 40-60 aa. M>>F.

Fattori predisponenti: tendinopatie croniche, osteocondrosi, ricostruzione LCA, abuso di corticosteroidi, LES, AR.

Meccanismo di lesione: Trauma violento e improvviso

Flessione 0-45° quadricipitale

Flessione 45-110° rotuleo

Flessione > 110° rotuleo

Sede di lesione: intratendinea per il quadricipite, disinserzione tuberosità tibiale per il rotuleo.

Sport maggiormente interessati: Basket, Pallavolo, sollevamento pesi, salto in alto, sci.

Sintomatologia: dolore violento, impotenza funzionale, tumefazione locale, presenza di depressione e dislocamento della rotula in alto o in basso.

Terapia: chirurgia + FKT

Quadricipite: sutura termino-terminale sutura osteotendinea

Rotuleo: sutura termino-terminale con rinforzo cerchiaggio metallico

Successivamente immobilizzazione in estensione per 30 gg, scarico per 2 mesi (1 mese nella sutura osteotendinea) più rieducazione funzionale.

TENDINE D’ACHILLE

Rappresenta il 30% delle rotture tendinee ed è più frequente nei maschi tra i 30-50 aa praticanti sport. Bilaterale nel 2% dei casi.

Fattori predisponenti: microtraumatismi ripetuti, le tendinopatie precedenti, ritorno allo sport dopo un lungo periodo di inattività, l’utilizzo di steroidi e fluorchinolonici.

Meccanismo di lesione: da trauma diretto (hockey, arti marziali, sci) o molto più frequentemente da trauma indiretto:

Sede di lesione: più frequentemente a livello preinserzionale tra i 2-6 cm prossimalmente al calcagno

Sport prevalentemente interessati: corsa, salti, pallavolo, basket, tennis, calcio.

Sintomatologia: dolore tipo bastonata, impotenza funzionale, depressione tendinea, tumefazione.

Diagnosi: clinica (test di thomson), Eco, RM

Terapia: Chirurgia + FKT

Trattamento chirurgico:

Trattamento riabilitativo dopo sutura percutanea:

OBIETTIVI

FASI RIABILITATIVE

1. 1-4° settimana

2. 4-8° settimana

3. 8-12° settimana

  1. 3-6° mese

1-4° settimana:

g tutore tipo Walker bloccato a 30° di flessione plantare

g arto in scarico

g crioterapia

g correnti antalgiche e decontratturanti

g massaggio tessuti molli perilesionali per ridurre le aderenze

g mobilizzazione del ginocchio e delle articolazioni del piede

g esercizi isometrici

g cauto stretching delle catene posteriori

4-8° settimana:

g tutore sbloccato da 0-10°di flessione plantare

g deambulazione con carico parziale e rialzo di 3 cm al tallone

g massaggio di scollamento cicatriziale

g stretching delle catene posteriori

g mobilizzazione da 0-20° di flessione plantare

g elettroterapia tricipite surale

g rinforzo concentrico ed eccentrico con elastici

g esercizi isometrici a più alta intensità

g esercizi propriocettivi

g cyclette con sella alta e rialzo sul tallone

g idrochinesiterapia

8-12°settimana:

g graduale svezzamento dal tutore

g deambulazione con carico progressivo sino a completo con rialzo al tallone

g stretching delle catene posteriori

g mobilizzazione tibio-tarsica su tutti i piani

g rinforzo concentrico ed eccentrico in CCA e CCC

g cyclette a più alta intensità

g idrochinesiterapia

3-6°mese:

g carico completo senza rialzo

g rinforzo concentrico ed eccentrico in CCA e CCC

g ricondizionamento cardiorespiratorio

g introduzione della corsa

g ritorno allo sport

TENDINOPATIE DA SOVRACCARICO

Sono patologie da sovraccarico funzionale frequenti nello sportivo e dovute a microtraumi, soprattutto di tipo eccentrico, ripetuti nel tempo. Classicamente sono coinvolte le giunzioni osteo-tendinee, a livello delle quali si possono identificare cavità microcistiche di materiale necrotico nella zona di passaggio tra la fibrocartilagine calcificata e la non calcificata, aree degenerative, tessuto di granulazione con capillari neoformati e meno frequentemente calcificazioni. A livello macroscopico il tendine si può presentare inspessito. Si può evidenziare a volte ipertrofia degli annessi inserzionali (borsiti).

La sintomatologia consiste nel dolore inserzionale e nella limitazione funzionale più o meno accentuata.

La diagnosi si basa su anamnesi, clinica e diagnostica strumentale (Eco e RM).

Patologie tipiche sono la sindrome retto-adduttoria (pubalgia), l’epicondilite (tennis elbow) e la tendinite rotulea (jumper’s knee).

Esame ecografico:

Tendine d’achille: l’inserzione ossea del tendine appare ecograficamente più voluminosa, ipoecogena ed a margini sfumati, per la presenza di edema.

Sindrome retto adduttoria:

Consiste in una tendinopatia inserzionale dei m.m. adduttori e/o dei retti addominali, eventualmente associata ad un'osteoartropatia della zona inserzionale pubica, di origine microtraumatica.

E’ frequente nel calcio dove sono molti i gesti tecnici che possono favorirne l'insorgenza: salti, dribbling, contrasti di gioco "in scivolata" (con gamba abdotta e muscolatura in tensione) e cambiamenti di direzione sono momenti responsabili di sollecitazioni sulla sinfisi pubica attraverso l'azione combinata della muscolatura addominale e adduttoria.

Inoltre la corsa su terreni più o meno sconnessi ed il gesto tecnico della calciata, la sollecitazione degli addominali, fondamentali negli scatti brevi e la potenza del tiro, possono svolgere un’importante momento patogenetico nel determinare il sovraccarico pubico

La diagnosi si basa sulla valutazione clinica e strumentale.

CLINICA:

Il dolore è localizzato a livello inguinale con irradiazione alla regione adduttoria e a livello retto-pubico. Il dolore si presenta dopo la prestazione atletica o durante la stessa con andamento ingravescente, tale da limitare o impedire l’attività agonistica.

ESAMI STRUMENTALI: Ecografia e RM sono + utili ma anche Rx e TC

La D.D. si pone con ernie inguinali, patologie urogenitali, neuropatie da intrappolamento (n.femoro-cutaneo), lesioni muscolari, patologie ossee di femore ed anca, radicolopatie.

TRATTAMENTO: prevalentemente conservativo.

g Fase acuta: riposo attivo, stretching globale attivo, massoterapia decontratturante, FANS locali e sistemici, laser e onde d’urto, riequilibrio posturale (plantari..), piscina

g Fase subacuta: graduale ripresa della corsa, potenziamento muscolare, piscina

Epicondilite (tennis elbow)

Interessa più frequentemente il tennis, ma compare anche in golf, scherma, sport di lancio. Sono colpiti in prevalenza gli atleti dilettanti fra 30 e 50 aa.

La patologia interessa anche soggetti le cui professioni richiedono l'uso continuo e ripetuto dei muscoli estensori del polso e della mano e che effettuano continui movimenti di prono-supinazione quali casalinghe, carpentieri, dattilografi, pittori, orologiai.

Si presenta con dolore localizzato all’epicondilo omerale, irradiato all’avambraccio, per interessamento dei tendini prossimali dei muscoli epicondiloidei. Il dolore è anche notturno.

TEST:

- digitopressione sull’epicondilo omerale

- estensione contro resistenza del polso ad avambraccio pronato

- estensione delle dita (test sul 3° dito) ad avambraccio pronato e gomito esteso

flessione passiva di polso e dita

CAUSE:

Fattori intrinseci

- overuse

- gesto tecnico del rovescio "ritardato"

Fattori estrinseci

- racchetta troppo pesante

- eccessive vibrazioni (corde sintetiche)

- impugnatura troppo piccola

D.D. con sindrome del tunnel radiale (compressione dell’interosseo posteriore all’arcata di frohse), artrosi, osteocondrosi (little league elbow), cervico-brachialgia C6.

TRATTAMENTO

g Fase acuta: riposo, terapie fisiche (US a freddo, laser alta potenza, onde d’urto), FANS, mesoterapia, stretching, massaggio decontratturante, ghiaccio.

g Fase subacuta: esercizi di potenziamento concentrico ed eccentrico

g Ritorno allo sport: graduale, correzione del gesto atletico, materiale tecnico corretto, tutore per epicondilite.

JUMPER’S KNEE:

Tipico di Volley, Basket, Calcio si presenta con dolore localizzato al polo inferiore della rotula (65%), al polo superiore della rotula (25%) o alla tuberosità tibiale (10%), in particolare durante la fase eccentrica del movimento (decelerazione, discesa dalle scale..). Fattori predisponenti sono i malallineamenti degli arti inferiori, le osteocondrosi del ginocchio (s.di Osgood-schlatter), le calzature non idonee, le superfici di gioco inadatte, ma soprattutto l’intensità, la frequenza e le metodiche di allenamento.

Classificazione:

1. dolore dopo allenamento senza limitazione funzionale

2. dolore durante l’allenamento che scompare con il riposo senza limitazione funzionale

3. dolore subcontinuo sottosforzo con limitazione funzionale

4. dolore continuo e notevole limitazione funzionale

  1. attività sportiva abolita

Terapia:

Obiettivi

- risoluzione dell’infiammazione e del dolore

- riequilibrio biomeccanico

-recupero funzionale

-ripresa graduale dell’attività sportiva

Trattamento conservativo:

g riposo attivo, FANS, ghiaccio

g terapie fisiche (LASER alta potenza, US a freddo, Onde d’urto)

g massoterapia decontratturante,

g massaggio trasverso profondo

g potenziamento isometrico di flesso-estensori

g esercizi eccentrici + stretching

g propriocezione corticale e sottocorticale

g ricondizionamento cardiorespiratorio

g utilizzo di ortesi (cinturino sottorotuleo, plantari)

g Non sono consigliabili le infiltrazioni di corticosteroidi per il conseguente rischio di rottura e la chirurgia (toilette inserzionale, perforazioni e scarificazioni) è consigliabile solo nei casi refrattari ad ogni approccio conservativo.

PERITENDINITE

Interessa i tendini sprovvisti di guaina sinoviale. Consiste nell’infiammazione del peritenonio.

Si classifica in:

-peritendinite crepitante (estensori delle dita del piede, tendine d’achille)

-peritendinite cronica (tendine rotuleo, d’achille)

Fattori di rischio

sono le deviazioni assiali degli arti inferiori, i terreni di gioco, le calzature non idonee.

Gli sport più coinvolti sono calcio, basket, marcia.

PERITENDINITE CREPITANTE

La peritendinite crepitante interessa il peritenonio ed estese aree del perimisio a livello della giunzione mio-tendinea che sono notevolmente edematosi ed iperemici, con la presenza di essudato sieroso. Il tessuto tendineo è normale.

Alla palpazione, con il movimento dei tendini, è udibile un crepitio spontaneo.

Il dolore compare inizialmente a riposo, poi durante l’attività e infine continuo anche molto intenso.

PERITENDINITE CRONICA

La peritendinite cronica adesiva interessa il ventre tendineo e ha sintomi più sfumati ma prognosi più sfavorevole con alta frequenza di recidive.

Il tendine appare adeso al peritenonio. Nel caso in cui si presentino segni di degenerazione e metaplasia con perdita di lucentezza ed eventuali ulcerazioni e rotture parziali, si parla di peritendinite ad impronta tendinosica.

TENOSINOVITE

Interessa i tendini muniti di guaina sinoviale (CLB, estensori e flessori delle dita, peronei..).

Consiste nell’infiammazione sia tendinea che della guaina di rivestimento. È una tipica patologia da sovraccarico che solitamente si presenta in forma acuta (tenosinovite ipertrofico essudativa) ma che, se non trattata, può evolvere in forma cronica (tenosinovite stenosante) con possibili rotture tendinee. Si presenta con tumefazione locale e dolore durante lo sport oltre che alla digito pressione e alle manovre contro resistenza.

PERITENDINITE E TENOSINOVITE

Trattamento conservativo:

g riposo, FANS, ghiaccio

g terapie fisiche (LASER alta potenza, US a freddo)

g massaggio trasverso profondo

g esercizi eccentrici + stretching

g utilizzo di ortesi per la correzione delle eventuali alterazioni biomeccaniche

g bendaggi funzionali

 

TENDINOSI

Processo caratterizzato da fenomeni degenerativi (ialina, mucosa, fibrinoide, grassa) che riducono la resistenza meccanica del tendine. Tutti i processi degenerativi sono asintomatici a meno che non vi sia associata una condizione infiammatoria (peritendinite ad impronta tendinosica). Le rotture tendinee sono l’evento clinico più drammatico e si manifestano al culmine del processo degenerativo della matrice tendinea che causa un indebolimento del tendine. Il tendine mostra un diffuso ispessimento fusiforme e una disomogenea riduzione dell’ ecogenicità.

Negli atleti la tendinosi interessa prevalentemente il tendine achilleo, il rotuleo e il sovraspinoso, in particolare dopo i 30-35 aa. Nel contesto del quadro tendinosico si possono sviluppare anche calcificazioni, che si sviluppano classicamente secondo tre stadi:

-precalcifico (metaplasia fibrocartilaginea)

- calcifico divisa in 3 fasi (formativa, di stato, del riassorbimento)

-postcalcifico (tessuto di granulazione)

Trattamento:

- Kt

-Terapie Fisiche (Laser ad alta potenza ed onde d’urto)

-Agoaspirazione eco-guidata, chirurgia.

 

LESIONI MUSCOLARI NELLO SPORT:

Fisiologia dei muscoli scheletrici

I muscoli scheletrici sono schematicamente costituiti da fibre muscolari e tessuto connettivo di sostegno:

fibre® fasci® ventre muscolare

endomisio® perimisio® epimisio

FIBRE TIPO I: lente o rosse, tempo di contrazione lento, UM ampie, ricche di mioglobina e mitocondri, metabolismo aerobico, prevalgono nei muscoli a funzione posturale

FIBRE TIPO II a, II b, II m: veloci o bianche, tempo di contrazione veloce, UM piccole, ricche di enzimi, metabolismo anaerobico, prevalgono nei muscoli ad attività dinamica

I muscoli scheletrici sono di tipo misto, cioè composti da entrambi i tipi di fibre. La percentuale di ciascuna fibra varia da muscolo a muscolo ed è determinata a livello genetico. Tuttavia, specifici allenamenti per la forza esplosiva o per la resistenza possono modificare tale percentuale, in particolar modo durante l’accrescimento.

Lesioni muscolari :

-eziopatogenesi

-epidemiologia

-fattori di rischio

-classificazione

-diagnosi e trattamento

-complicanze

Eziopatogenesi

Urto diretto sul muscolo® trauma diretto

Eccessivo stiramento per una brusca contrazione degli antagonisti

Rapida e potente contrazione da una fase di rilasciamento completo

® trauma indiretto

Epidemiologia

le lesioni muscolari rappresentano il 10-30% degli infortuni sportivi

- nel calcio: ischiocrurali, adduttori, retto femorale, gemelli

- nella corsa: medio gluteo nella donna, gemelli e adduttori nell’uomo

 

Fattori di rischio

-muscoli biarticolari

- fibre di tipo 2

- muscoli che lavorano eccentricamente

-deficit di flessibilità muscolare

- muscoli precedentemente lesionati

- muscoli affaticati

- scarso riscaldamento

- esposizione al freddo

-stato di tensione emotiva

Trauma diretto: contusione

Trauma indiretto:

- contrattura

- stiramento

- strappo

CONTUSIONE:

Frequente negli sport di contatto (calcio, rugby, basket..), provoca la rottura delle fibre in prossimità del piano osseo e la formazione dopo qualche ora di un ematoma intramuscolare (a prognosi peggiore), intermuscolare o misto, che può mimare un versamento intraarticolare.

Si presenta con dolore e tumefazione localizzata che in genere non impedisce di proseguire l’attività ma a causa dell’ematoma e della contrattura post-traumatica esita in una limitazione funzionale di varia entità.

E’ classificata in lieve, moderata e severa a seconda dell’ articolarità rimasta. Viene coinvolto più frequentemente il Vasto laterale. Il ritorno allo sport avviene in 2-20 gg.

CONTRATTURA
Rappresenta un alterazione diffusa del tono muscolare, imputabile ad uno stato di affaticamento per l’accumulo di cataboliti tossici come lattato ed ammonio, in assenza di lesioni anatomo-patologiche macro o microscopiche.

Ha una > incidenza in atleti sottoposti a sovrallenamenti oppure poco allenati.

Si manifesta con dolore mal localizzabile che compare a distanza dalla prestazione sportiva (1-24 ore). All’esame obiettivo vi è un aumento diffuso del tono muscolare.

La ripresa agonistica avviene in 2-4 gg.

STIRAMENTO:

Rappresenta un alterazione funzionale del muscolo a livello microscopico.

Si manifesta con dolore, in genere ben localizzato, con impotenza funzionale non immediata. L’atleta riesce ad individuare nel tempo la sintomatologia, ma non il gesto atletico responsabile.

All’esame obiettivo il muscolo è contratto con una zona dolorosa, ben palpabile.

La ripresa avviene in genere dopo circa 2 settimane.

STRAPPO

Rottura di un numero variabile di fibre muscolari, sempre accompagnato da stravaso ematico di entità dipendente dalla gravità e dalla localizzazione della lesione. La rottura può essere parziale o completa con il conseguente distanziamento dei monconi.

Si manifesta con dolore acuto e vivo che impedisce all’atleta di proseguire la prestazione sportiva. L’atleta riferisce la sintomatologia corrispondente ad un preciso gesto tecnico.

Il recupero allo sport varia da 20 gg a 2 mesi a seconda del muscolo interessato e della gravità della lesione.

Strappo di 1°grado: rottura di poche fibre muscolari all’interno di un fascio ma non dell’intero fascio.

Strappo di 2°grado: rottura di uno o più fasci muscolari che coinvolge meno dei 3/4 della sezione del muscolo

Strappo di 3°grado: rottura che coinvolge più dei 3/4 della sezione del muscolo in quel punto

DIAGNOSI:

-Anamnesi

- Esame obiettivo

-Diagnostica strumentale:Ecografia

RM:

- strappo di 1°

- muscolo mal esporabile

- Diagnosi dif

Ecografia :

Esame da eseguire almeno 48 ore dopo il trauma, per evidenziare la presenza o meno di versamento.

È un esame non invasivo, poco costoso che consente una valutazione dinamica e delle strutture controlaterali sane.

Contusione: si può evidenziare un area iperecogena edemigena ed aree ipoecogene espressione di versamento ematico.

Contrattura: diffusa iperecogenicità nel contesto di un muscolo

Stiramento: spesso assenza di alterazioni rilevanti. Eventuale presenza di zona ipoecogena per 3-4 gg.

Strappo: Le rotture muscolari mostrano un tipico aspetto; si rileva una raccolta ematica ipo-anecogena nella quale aggettano i fasci terziari.

TRATTAMENTO:

Il processo riparativo fisiologicamente prevede 3 fasi:

- fase infiammatoria (48-72 ore)

-fase riparativa fibroblastica (4-6 settimane)

-fase del rimodellamento (anni)

Obiettivo della rieducazione funzionale è quello di favorire il corretto sviluppo del processo riparativo

Obiettivi del trattamento

FASE ACUTA:

- limitare il danno e controllare edema ed emorragia

- alleviare il dolore e la contrattura

- favorire la guarigione e ridurre la fibrosi

FASE SUBACUTA:

- recupero dell’escursione articolare (ROM)

FASE DELLA GUARIGIONE:

- ripresa dell’efficienza cardiorespiratoria

- ritorno sul campo

-prevenzione delle ricadute

Percorso riabilitativo

Fase acuta

- Protocollo C.E.R.G. direttamente sul campo

- Terapia farmacologica (analgesici,decontratturanti,Fans)

- Massoterapia riflessa e linfodrenaggio manuale

Il trattamento in fase acuta dura 3-7gg

-Compressione con bendaggio elastico

- Elevazione dell’arto

- Riposo funzionale

- Ghiaccio

FASE SUBACUTA:

- Esercizi attivi e graduali per il recupero dell’articolarità

- Stretching attivo globale e segmentale

- Recupero del carico completo e dello schema deambulatorio

- Esercizi propriocettivi statici

- Rinforzo muscolare

Calore profondo (ipertermia, laser, tecarterapia)

Effetti:

aumento del metabolismo® iperemia locale® diminuzione delle contratture e della rigidità articolare® aumento dell’elasticità del tessuto connettivo

- Rinforzo muscolare seguendo una progessione di lavoro con esercizi:

-isometrici submassimali

- isotonici concentrici in CCC e CCA

-isotonici eccentrici in CCC e CCA

Il rinforzo muscolare sarà effettuato contro resistenza manuale a vari gradi e con l’utilizzo di pesi ed elastici

Effetti della vasca terapeutica

-esercizi antigravitari per effetto della spinta idrostatica

- diminuzione del dolore e delle contratture

- recupero del ROM

- tonificazione e recupero dell’elasticità muscolare globale

- propriocezione

- ricondizionamento cardiovascolare

-notevole supporto psicologico

Fase della guarigione

Per passare alla fase della guarigione devono essere stati raggiunti i seguenti obiettivi:

-Scomparsa del dolore

- Recupero dell’articolarità completa

-Ripristino del tono-trofismo e dell’elasticità muscolare

-Corretto schema deambulatorio

Dove?

-Rieducazione in palestra

-Rieducazione sul campo

-Proseguimento del potenziamento muscolare

- Esercizi aerobici (cyclette, tapis-roulant, step-machine)

-Introduzione della corsa con progressione di lavoro

(Andature sul posto,Esercizi propriocettivi dinamici, Corsa lenta, con incrementi in velocità e durata)

-Esercizi pliometrici

-Esercizi sport-specifici

(Se la clinica lo consente e se al test

isocinetico il muscolo ha raggiunto almeno

il 70% della forza del controlaterale)

la rieducazione sul campo può iniziare quando sono state soddisfatte le seguenti condizioni:

  1. assenza di dolore o gonfiore
  2. rom completo
  3. normale dinamica del passo e della corsa
  4. salita e discesa scale senza problemi
  5. normale elasticità muscolare
  6. forza muscolare pari ad almeno l’80% della muscolatura controlaterale al test isocinetico.

GUARIGIONE® Corsa corretta per 30 minuti, in assenza di dolore.

Prevenzione delle ricadute:

idonea coordinazione neuromotoria

Complicanze

Conseguenti ad un errata diagnosi o ad uno scorretto

approccio terapeutico (frequenza ~10%):

- Fibrosi post-traumatiche (traumi indiretti)

- Falde liquide

- Cisti siero-ematiche

- Miositi ossificanti (traumi diretti)

- Calcificazioni

Si devono sospettare in presenza di dolore continuo, anche senza l’interruzione dell’attività e se è presente alla palpazione una zona con caratteristiche diverse rispetto al resto del muscolo.

CONDROCITI E LA CARTILLAGINE :

La cartillagine è una superficie liscia di rivestimento dell’articolazione

Si può danneggiare facilmente ed ha una capacità di rigenerazione molto limitata.

I condrociti (1%):

la matrice (99%)

collagene:

aggregati di proteoglicani:

struttura tissutale:

funzioni della cartillagine:

Risposta all’insulto:

ispessimento parziale:

ispessimento completo:

lesione in base a :

LESIONI OSTEOCONDRALI DEL GINOCCHIO
Classificazione (outerbridge 1961)

Stadio 1 : perdita di consistenza ed edema della cartillagine

Stadio 2: frammentazione e fissurazione della cartillagine inferiore a 1 cm

Stadio 3: frammentazione e fissurazione della cartillagine superiore a 1 cm

Stadio 4: erosione cartilagine fino a osso subcondrale

KISSING LESION : interessamento di due zone articolari adiacenti ® fattore prognostico negativo

Tre tipi di danno cartillagineo:

Cinque categorie i pz con differenti esigenze riabilitative:

  1. lesione completa sospetta non trattata chirurgicamente: diagnosi con RMN ma senza artroscopia. In fase acuta la riabilitazione è cauta con carico protetto, per le prime due settimane. Potenziamento isometrico
  2. Lesione condrale accertata per via artroscopica non trattata: n.b. la sede lesionale, la dimensione, le lesioni associate. Per esposizione acuta evito carico per 3-4 sett, favorendo la rigenerazione spontanea della cartilagine, in caso contrario occorre ripristinare il tono, trofismo muscolare con ruolo protettivo
  3. Perforazioni subcondrali ed Debridement: con lo scopo di stimolare la formazione di tessuto riparativo ma non la fibrocartillagine ialina: scarico per 3 sett, precoci es isometrici, isotonici, lavoro in estensione, carico completo dopo 40 gg, rinforzo muscolare, sport dopo 6 mesi.
  4. Innesti osteocondrali: innesti autologhi di tessuto osteocondrale di dimensioni varie fino al trapianto massivo: scarico per 30 gg, es isoetrici precoci, lavoro in estensione, elettroterapia, carico completo dopo 50 gg, rinforzo muscolare, sport dipo 5-6 mesi
  5. Trapianto con condrociti autologhi: due tempi chirurgici:

TRATTAMENTO RIABILITATIVO CONSERVATIVO:

lesione cartilagine® aggravamento del danno® necessità di intervento

criteri di scelta:

fattori predittivi negativi per l’intervento chirurgico ( età avanzata, obesità, sede patellare o tibiale, dimensione troppo ampia della lesione, articolazione instabile, meniscopatia o assenza di menisco, malallineamenti, dolore a riposo, malattie infiammatorie /degenerative articolari, kissing lesion)

grado di lesione (1– 2° )

clinica del paziente (assenza di sintomatologia, assenza di reperti attendibili)

trattamento:

PROGRAMMA DOPO TRAPIANTO CONDROCITI AUTOLOGHI:

PERSONALIZZATO in base a : sede lesione, tipo di intervento, aspettative e tipo di vita del pz

Valutazione:

precede il trattamento

analitica : articolarità, trofismo

globale: articolazioni collegate, postura

Obiettivi:

-no standardizzazione : linee guida e tempi mediamente adottati

PREOPERATORIO:

POST OPERATORIO:

da giorno dell’intervento in progressione, rispettando i tempi:

CMP : mobilizzazione passiva continua : compressione e decompressione articolare che favorisce: la proliferazione dei condrociti e la riduzione di aderenze intrararticolari

Inizialmente è lenta (1/2 cicli per 6-8 ore /die)

Impostazione del range articolare:

per troclea femorale e rotulea : 90° entro la 2°sett, 120 – 130° entro la 4°sett.

Per condilo femorale: 40° fino alla 3°sett, 90°entro la 5° sett, 120° entro la 7° sett.

Recupero articolarità :

la mobilizzazione passiva e attiva segue le regole del CMP,

mobilizzazione di rotula, leg alari, massaggio della ciccatrice, ricerca dell’estensione completa, massaggio linfatico, ginnastica vascolare

Rinforzo muscolare: isometrico indirizzato a quadricipite e ai flessori anche con elettroterapia

Deambulazione: senza carico sull’arto operato con due antibrachiali , dalla 4°sett, carico progressivo sull’arto operato con abbandono dell’antibrachiale omolaterale, dalla 6° sett carico completo senza ausili (per condilo femorale ritardo di 2 – 4 sett.

Importanza alla correzione dello schema del passo alterato e i compensi: esercizi di percezione e tresferimento di carico, ricerca estensione del ginocchio in fase di appoggio. Dalla 10°sett, scale,tapis roulant..

Rinforzo muscolare: esercizi con elastici per tutti i compartimenti senza superare i 90°, cyclette con sella alta

Esercizi propriocettivi : in carico bipodalico con impegno crescente. Dalla 10°sett, recuperato tono e trofismo, in assenza di dolore: propriocettiva in cca con destabilizzazione del ginocchio, incremento il lavoro del ginocchio in ccc, es. in appoggio monopodalico

NB se intervengo sul condilo femorale i contrasti e il carico è rimandato di 2 sett.

Ogni seduta deve essere conclusa da stretching e crioterapiaa.

Gli esercizi devono essere personalizzati in base al quadro clinico e alla tipologia di paziente.

Ripresa attività lavorativa: dal 4° mese se intensa.

CONCLUSIONI :

Terapia in acqua:

strutta :

spinta di galleggiamento : lavoro delle articolazioni in decoattazione: effetto miorilassante: movimento articolare più ampio, minor sforzo muscolare, dolore dimunuito o assente, facilità di movimento globale e di mantenimento della stazione eretta .

pressione idrostatica: ridimensiona l’edema e il versamento, intensa stimolazione esterocettiva: percezione del proprio movimento

Nuovi e numerosi imput sensomotori con continuo adattamento della gestualità per ritrovare equilibrio e controllo del movimento, riabilitazione come esperienza globale

Obiettivo: sftuttare le facilitazioni e le difficoltà dell’esercizio in acqua per ottenere un recupero anche sulla terra.

Intervento tempestivo : per scarico articolare completo o carico ridotto

Lavoro in acqua alta : il pz gradua il carico di lavoro sull’articolazione, importante supporto psicologico

Lavoro in regime di resistenza variabile ed accomodante, modificando velocità e ampiezza del movimento e l’attrezzatura utilizzata (controllo della modalità di movimento e dell’intensità degli esercizi senza sovraccaricare)

Lavoro globale e simmetrico con eliminazione dei compensi, approccio in ccc.

NB Mai : forzare i limiti articolari, presenza di dolore.

Accesso alla vasca: dopo 10_15 gg con :

mobilizzazione passiva e manipolazioni rotulee

esercizi in acqua alta per potenziare la muscolatura (anche mirato), stretching delle catene posteriori, recupero dell’estensione, incremento del rom, recupero propriocettivo (con tubo tavoletta)

passaggio graduale all’acqua bassa: precoce rieducazione al passo, ginnastica in cca e ccc

riabilitazione avanzata :

acqua alta: massimo potenziamento ed riequilibrio muscolare con recupero del gesto sprt specifico: nuoto controresistenza con possibilità di variare il getto

Al termine di ogni seduta: scarico articolare, con articolazione estesa per mantenere il miorilassamento

Scopi terapia in acqua:

Riabilitazione sul campo sportivo dopo:

obiettivi:

ripresa sport :

dal 4°mese sul campo sportivo a basso impatto

dal 12° mese per sport ad alto impatto

LESIONI OSTEOCONDRALI DELLA CAVIGLIA:

sport a rischio:

pallavolo: salti frequenti e rapidi cambi di direzione

calcio: per tipo e numero di movimenti traumatici che affliggono la tibiotarsica , e per lo stress da impatto sul terreno

Trattamento chirurgico:

fino a 2 cm2: debridement e perforazioni

oltre i 2 cm2 , o in caso di insuccesso: trapianto di condrociti autologhi o mosaicoplastica

oltre i 4 cm2 trapianto di condrociti autologhi

procedimento : artroscopia: identificazione della lesione erosiva della cartilagine, asportazione dei condrociti sani

coltura dei condrociti

in artroscopia riempimento della lesione con trapianto di condrociti.

Trattamento riabilitativo dopo trapianto di condrociti autologhi:

cartilagine: funzione di resistenza al carico e alle forze di taglio

per :

stimoli meccanici corretti® mantenimento

stimoli eccessivi ® erosione

con carico ciclico® formazione di matrice

con carico statico® inibizione della matrice

terapia con:

esercizi attivi

CMP ® effetti benefici

Mobilizzazione manuale

Mentre l’immobilizzazione prolungata provoca:

alterata sintesi dei proteoglicani

assottigliamento

ridotta consistenza del tessuto cartillagineo.

Piede: organo di sostegno: flessibile per adattarsi al terreno

Stabile per assicurare equilibrio nella trasmissine di carico

Stabilizzano il piede :

strutture passive e strutture attive

controllo neuromuscolare: sollecitazioni articolari® messaggi propriocettivi® tono muscolare.

Piede: organo di senso: afferenze proprio ed esterocettive: strumento conoscitivo per l’analisi del terreno integrate da info visive e vestibolari che controllano l’attività posturale dinamica.

Per traumatismo e immobilizzazione:

alterata regolazione ® funzione compromessa® ripercussioni sovrasegmentarie

PROGRAMMA RIABILITATIVO:

personalizzato in base a sede, intervento, aspettative e tipo di vita del paziente.

VALUTAZIONE :

analitica: articolarità e trofismo

globale: articolazioni collegate, postura

obiettivi:

seguo : linee guida, tempi mediamente adottati : no standard

PREOPERATORIA :

dopo artroscopia e conferma della diagnosi e prelievo condrociti:

POST OPERATORIA:

precoce: da giorno dell’intervento a 6°sett.

Inizialmente a velocità lenta a 1 ciclo/min, per 6/8 ore /die

Impostazione del range articolare e del movimento in flesso-estensione/ pronosupinazione in base alla sintomatologia algica

Tardiva: dalla 6°sett, a 4°mese:

graduale per intensità fisica e impegno temporale

intensità fisica:

impiego temporale:

primo mese

Prima settimana: tre volte sett/1 h volta

Seconda settimana: tre volte a settimana per 1,5 h volta

Terza settimana: 3 volte settimana per 2 h volta

Secondo mese:

prima settimana: anche tutti i giorni per 1 h

seconda settimana: ripresa dell’allenamento

terza settimana: ripresa dell’attività competitiva.

LESIONI NERVOSE PERIFERICHE DELLO SPORTIVO:

una lesione nervosa comporta:

lo stiramento costante della muscolatura denervata da parte di quella innervata porta ad uno squilibrio muscolare che si manifesta con:

in base a :

il trattamento può essere :

LESIONI DEL NERVO RADIALE :

eziopatogenesi :

frattura omero

frattura lussazione gomito

frattura del terzo superiore del radio

compressione a livello posteriore dell’avambraccio (sindrome del tunnel radiale)

COMPRESSIONE DELL’ARCATA DI FROSHE:

dolore alla compressione del canale supinatorio

no tinel perché ramo motorio

può essere la conseguenza di microtraumatismi ripetuti o pronosupinazione forzata come nel sollevamento pesi e nella ginnastica(anelli, parallele) e negli sport da tiro.

Lesioni alte:

maggiore frequenza a livello della doccia di torsione: est. Radiale carpo, est. Ulnare carpo, est comune dita, esr proprio del 2 –5° dito, estensore pollice, abduttore lungo pollice, brachioradiale, supinatore breve

Clinica: mano cadente : nella presa di un oggetto deficit est attivo polso e dita; nel rilascio di un oggetto estensore delle metacarpofalangee mediante flessione attiva del polso che mette in azione l’estensore comune delle dita; presa di forza difficoltosa per mancata stabilizzazione del polso in posizione funzionale da parte degli estensori

Lesioni basse:

lesione della branca motoria posteriore dell’avambraccio, no alterazioni di sensibilità, deficit motorio a est dita e abd pollice, la funzione dell’est del polso è parzialmente preservata ma si ha deviazione laterale per azione dell’est radiale del carpo

NERVO MEDIANO:

eziopatogenesi:

frattura omero

lussazione del gomito

frattura distale del radio

lussazione del semilunare all’interno del canale carpale

lesioni di taglio sul polso volare

sindrome del tunnel carpale e del pronatore

PRONATORE ROTONDO:

anomalie anatomiche (variazione dei capi articolari del pronatore)

sport con ripetute flesso pronazioni (canottaggio)

briglie reumatiche

Lesioni basse:

deficit motorio a : opponente, abd breve, fless breve pollice. 1° 2° lombricale

mano a scimmia: il pollice va in retropulsione portandosi sullo stesso piano della mano

perdita dell’opposizione e abduzione pollice, ne deriva la chiusura del primo spazio e la difficoltà a compiere la presa termino – terminale tra pollice e indice

lesioni alte:

deficit motorio: muscoli per lesione bassa + pronatore rotondo e quadrato, flessore radiale del carpo, fless superficiale, fless profondo del 2° 3° diti, flessore lungo del pollice

mano benedicente: pollice retroposto estensione del 2°dito, deficit di flessione delle IF pollice, IFD IFP del 2°dito a causa della paralisi dei flessori estrinseci, flessione del polso in deviazione ulnare, pronazione avambraccio indebolita ma parzialmente presente per il brachioradiale

NERVO ULNARE:

eziopatogenesi :

frattura epicondilo

frattura olecrano

lesioni da taglio nella superficie volare del polso

sindromi compressive : dociia retroepicondilare (sindrome funzionale: movimenti ripetuti causano conflitto)e canale di guyon(cause frequenti: intrinseche: sclerosi reumatica, cisti, tromboangioite vasi ulnari; estrinseche: frattura uncinato, microtraumatismi nei ciclisti)

lesioni basse :

deficit motorio a :opponente mignolo, abd mignolo, flessore breve mignolo, 3°e 4° lombricale, interossei, capo profondo flessore breve pollice, adduttore pollice.

Mano ad artiglio : perdita di equilibrio fra muscolatura intrinseca ed estrinseca , iperest. MF, fless IF, leggera iperest. MF pollice:

iperest delle MF : l’est comune dita e proprio mignolo non sono più equilibrati da interossei e lombricali ulnari (fless 1°falange ed estensori 2° 3°falange)

flessione IF per normale tono dei flessori estrinseci

2° e 3° dito normo atteggiati: i lombricali radiali(innerv. Mediano) vicariano l’azione degli interossei.

Per la paralisi dell’adduttore del 1°interosseo le prese termino laterali riaultano inefficaci e il pz afferra l’oggetto utilizzando il flessore lungo del pollice. Alterazione del movimento di presa per perdita dell’arco trasversale della mano. Prensione normale: flessione delle IFP, poi MF e infine IFD. Prensione con sequenza scorretta dei movimenti di flessione della catena digitale: flessione IFP poi IFD con assente o debole flessione delle MF. La paralisi dei muscoli intrinseci impedisce alla mano di mantenere la sua concavità indispensabile per una presa efficace degli oggetti con conseguente diminuzione della forza e difficoltà delle prese fini

Lesioni alte

Deficit motorio di : mm. Lesioni basse + flessore ulnare carpo e flessore profondo del 4°e5° dito.

Clinica simile alle lesioni basse deformità ad artiglio meno marcata per la paralisi del flessore profondo dita.

TRATTAMENTO:

riabilitativo ed ortesico, impostato in base a :

esame della sensibilità

esame clinico con test muscolare

esame funzionale

esame elettrico con curve I/T

elettromiografia

è necessario monitorare l’evoluzione della paralisi per adattare il trattamento

obiettivi :

controllare il dolore

favorire il circolo

recupero e mantenimento rom

evitare ipotrofie e retrazioni

contrastare lo squilibrio muscolare

reintegrare la mano nella motricità globale

tecniche:

sintomatologia algica: terapia medica e terapia strumentale: tens( agisce sulle fibre nervose di maggior calibro secondo il meccanismo del gate control, favorisce la liberazione di oppioidi endogeni, i moderni apparecchi producono microcorrenti in continuo cambiamento per evitare l’assuefazione)

migliorare il circolo: massaggio drenante linfatico (facilita il drenaggio della linfa e dei liquidi interstiziali, manovre dolci con cadenza ritmica e pressione superiore a 40/60 mmHg, massaggio graduale per non ostruire i vasi linfatici, manovre di richiamo in zona prossimale per liberare i vasi linfatici al successivo passaggio della linfa dalle farti distali dell’arto, manovre di riassorbimento si effettuano in lieve pressiobe delle dita e del palmo della mano sulla zona infiltrata, manovre di riassorbimento dalla parte prossimale del linfedema per continuare distalmente, dopo le manovre di richiamo.)

recupero e mantenimento Rom: mobilizzazione passiva per mantenere la mobilità articolare e l’elasticità dei segmenti denervati, per ricostruire l’immagine motoria il pz osserva il movimento eseguito dal ft . massaggio di scollamento delle zone fibrotiche o cicatriziali, esercizi attivi se la paralisi è incompleta o in fase di reinnervazione, gli esercizi vanno ripetuti più volte al giorno. Esercizio terapeutico conoscitivo: metodica riabilitativa che si propone il superamento della patologia attraverso l’attivazione di processi sensitivi e cognitivi. Permette il recupero della motricità attraverso il recupero della sensibilità, reintegrando l’immagine corticale del segmento corporeo, durante l’esercizio viene richiesta al pz la soluzione di un problema percettivo per il quale è necessaria l’organizzazione di un determinato movimento in situazioni differenti, che permette al snc di ricostruire un gesto adattabile a qualsiasi compito e di controllare le contratture antalgiche.

Ipotrofie e retrazioni: elettrostimolazione dei muscoli denervati (onde triangolari, di durata variabile in grado di provocare una contrazione visibile, per lunghi periodi, fes= attivazione funzionale della muscolatura.) stretching dei muscoli paretici (manovre di allungamento lente senza sollecitare le articolazioni colllegate, la posizione raggiunta va tenuta per alcuni secondi) esercizi attivi e contrastati (uso di sussidi che aumentano l’attrito e il reclutamento muscolare richiesto, il movimento è indirizzato alla risoluzione di compiti (quantificazione del peso o della tensione della molla; )tecniche di facilitzione neuromuscolare propriocettiva : si utilizzano per il recupero dei muscoli in fase di reinnervazione la cui soglia di conduzione è più elevata rispetto alla norma. Permettono la reintegrazione dell’arto nella gestualità globale., per facilitare la risposta del muscolo deficitario: esecuzione di schemi globali lungo linee diagonali , uso riflesso di allungamento (stretch rapido prima e durante la contrazione), trazione o approssimazione delle articolazioni, resistenza che guida il corretto movimento.

Il trattamento riabilitativo prevede tempi lunghi, si deve effettuare fino alla completa reinnervazione e stabilizzazione dei risultati, è associato a terapia ortesica

TRATTAMENTO ORTESICO:

ortesi, splint, tutori si utilizzano sia nel trattamento chirurgico che in quello conervativo:

ortesi statiche : immobilizzano il segmento articolare

ortesi dinamiche: per facilitare il movimento

ortesi statiche : in caso di neuroaprassia riducono la flogosi perinervosa, in caso di neuroaraffia per proteggere la sutura permettono la mobilizzazione del segmenti non coinvolti

ortesi dinamiche : si utilizzano nel periodo di rigenerazione assonale in attesa della reinnervazione, in associazione al trattamento riabilitativo.

Scopi del trattamento ortesico:

LESIONE NERVO RADIALE:

ortesi statiche: stabilizzano il polso in estensione per consentire una buona presa di forza con la mano. Modellate a caldo sull’avambraccio e mano e fissate con velcro

vantaggi:

facilità e rapidità di costruzione, discrezione e comodità in quanto poco ingombranti, facili da indossare e rimuovere buona forza di presa

svantaggi: stabilizzazione fissa del polso che non permette gli adattamenti utili per le prese di piccoli oggetti: estensione del polso che aumenta la flessione delle MF e difficoltà nell’approccio agli oggetti.

Indicata nei pz poco collaboranti o come supporto di una mano non dominante

Ortesi dinamiche: i modelli classici sono: poco adattabili alle esigenze del pz. Non permettono l’indipendenza delle dita, non stabilizzano il polso. I modelle più attuali sono : confezionati su misura, permettono la flessione indipendente di ogni dito, stabilizzano il polso nelle prese di forza: materiale plastico modellato su avambraccio e fissato con strisce di velcro, archetto in metallo per dirigere le trazioni applicate alle dita, elastici come motori dinamici per l’apertura della mano.

Le lesioni basse del radiale che coinvolgono l’estensore delle dita può trovare applicazione l’utilizzo di un’ortesi molto leggera e discreta utile per l’estensione delle dita lunghe e del pollice con il polso libero. Si utilizzano per evitare la chiusura progressiva del primo spazio e facilitare la funzione del pollice mettendolo in opposizione : 2 componenti : c bar : apertura primo spazio, opponent bar per l’opposizione

LESIONI NERVO MEDIANO :

basse:

splint statici: in materiale plastico, con possibilità di regolare l’opposizione del pollice, libertà delle IF del pollice per permettere la presa con l’indice

alte:

splint statici con sindattilia tra 2°e 3° dito, con doppio anello di plastica. Viene sfruttato come motore attivo il 3°dito per facilitare la flessione totale del 2°.

Si utilizzano per :

impedire l’iperestensione delle MF

mantenere l’arco trasversale metacarpale

componente : MP stop per impedire l’estensione delle MF e mantenerla al grado di flessione minimo per ottenere l’effetto utile dell’ECD

LESIONE NERVO ULNARE

Ortesi di Wynn Parry:

scheletro in filo di acciaio avvolto da materiale plastico: una parte abbraccia la mano, l’altra si appoggia sul dorso delle prime falangi del 4° e 5°dito (MP stop), la molla in acciaio posizionata sul lato ulnare della MF del 5° dito ha il compito di impedire l’estensione della MF del 4°e 5°dito.

Vantaggi: splint leggero e discreto, mantiene l’arco trasversale metacarpale

Svantaggi: carente stabilizzazione in flessione della MF del 4°dito

Ortesi a 8:

striscia unica di materiale plastico avvolto attorno alla mano e al dorso delle prime falangi del 4°e5° dito (MP stop) così da formare un 8.

La parte volare delle IFP deve essere lasciata libera in modo da permettere la completa chiusura del pugno

Trattamento chirurgico :

se nonostante il trattamento conservativo permangono deficit funzionali.

Il tipo di ortesi da prescrivere dipende da :

tipo di intervento :

- neurolisi,: scopo dello splint è: favorire la diminuzione dello stato flogistico postoperatorio, permettere la mobilizzazione delle strutture non direttamente coinvolte.

® neurolisi del mediano al polso: splint statico che mantiene iil polso a 20° di estensione ma che consente a dita e pollice di muoversi leberamente in modo da garantire lo scorrimento dei tendini flessori

COMPLICANZE :

Sindrome Algo – Distrofica ( complex regional pain syndrome)

Clinica:

vari sintomi diversamente rappresentati:

dolore (accentuato al movimento, si attenua al riposo, grave limitazione funzionale)

edema (inizialmente molle poi duro, cute sovastante lucente, pastosa, pallida o cianotica)

limitazione funzionale

turbe trofiche (esito finale delle lesioni degenerative di tessuto osseo, muscolare e cutaneo)

turbe della sensibilità ( ipo/anestesia)

stadi anatomo patologici:

DISTROFICO : corrisponde alla fase acuta con fenomeni essudativi, aumento turn over osseo con riassorbimento)

ATROFICO : fase cronica con reazioni connettivali ad evoluzione sclerotica e retraente, corticale assottigliata, spongiosa molto ridotta

Trattamento:

trattamento riabilitativo:

Valutazione fisiatrica che precede il trattamento per :

Valutazione del dolore:

Vas 0_________________________10

Valutazione del dolore palpatorio:

0=no dolore

1= dolore modesto alla palpazione profonda

2= dolore severo alla palpazione profonda

3= dolore severo alla palpazione superficiale

4=iperalgesia

Valutazione edema:

misurazione della circonferenza dell’arto in sedi prestabilite

valore patologico se supera del 5% il controlaterale

temperatura cutanea: tra primo e secondo e tra quarto e quinto spazio metacarpale

valore patologico se superiore a 0, 5 ° rispetto al controlaterale

Limitazione funzionale:

nella mano la valutazione goniometrica della flessoestensione del polso e delle dita

valutazione della forza : con dinamometro: valutazione della destrezza della mano utilizzando sussidi per testare entrambi gli arti, calcolando il tempo necessario per l’esecuzione della prova

Obiettivi del trattamento:

risoluzione dell’edema

controllo del dolore

ripristino del trofismo

recupero funzionale

tecniche : terapia fisica, massoterapia, rieducazione.

Mezzi fisici: trovano diverse indicazioni a seconda del loro effetto e della fase clinica della malattia

Bacinelle galvaniche: sfruttano l’azione della corrente galvanica trasmessa attraverso l’acqua per una distribuzione uniforme

Docce scozzesi: il passaggio della temperatura dell’acqua da 20 a 40 ° attiva la circolazione vasale periferica con effetto antiedemigeno

Paraffinoterapia: paraffina liquefatta e frullata in modo da ottenere una schiuma calda applicata in uno strato di qualche cm sull’arto

Il progressivo raffreddamento della paraffina determina un’azione vasocostrittiva.

La paraffina solidificandosi comprime leggermente la zona trattata svuotando progressivamente i vasi superficiali dilatati : effetto antiedemigeno

Laser a Co" in attività pulsata, per contenere l’effetto termico sfruttando l’effetto antinfiammatorio e antalgico

Laser a Nd: Yag : laser di potenza a spiccato effetto antalgico e antiedemigeno, no viene assorbito dall’acqua, ha un elevato potere di penetrazione con effetti in profondità. Meccanismo d’azione: aumenta l’attività mitocondriale e la produzione di Atp, stimola il ricambio elettrolitico della cellula con aumento progressivo del metabolismo, azione antiflogistica, effetto antalgico dovuto ad interessamento diretto sulle terminazioni nervose e sensitive periferiche : trattamento a giorni alterni sia in modalità fissa che a scansione.

Campi elettromagnetici pulsati: campi magnetici a bassa intensità e frequenza variabile: effetto terapeutico dovuto all’attivazione del metabolismo cellulare, migliora l’ossigenazione, rimozione dei fattori flogogeni, accelerazione dei processi di riparazione dei tessuti. Trattamento a 50 e 100 Hz a pacchetti in rapida successione: 50 hz effetto trofico intenso, 100 Hz effetto trofico e analgesico: tecnica a due solenoidi paralleli: campo magnetico più omogeneo e orientato sulla regione desiderata

Massaggio di drenaggio linfatico

Fasciatura compressiva con banda elastica

Trattamento educativo:

precoce e adattato allo stadio di malattia

esercizi terapeutici cauti , bilanciati e graduali

evitare brusche sollecitazioni che favoriscono l’automantenimento del meccanismo distrofico di malattia

1°fase:

fase acuta :

esercizio terapeutico analitico e conoscitivo

si pratica su tutte le articolazioni del segmento interessato

si inizia con movimenti semplici eseguiti in modalità attiva assistita; le mobilizzazioni passive si utilizzano solo se non provocano dolore con prese caute e mantenute (etc 1°e2°)

2°fase:

appena l’edema e il dolore sono contenuti

obiettivo: il recupero di un movimento armonico e di una gestualità globale compresi i movimenti fini della mano.

Mezzi:

PNF,

rieducazione propriocettiva: dopo aver recuperato il rom e il trofismo in assenza di dolore.

Ha lo scopo di riattivare la risposta muscolare riflessa alle sollecitazioni esterne, assopita dalla ridotta motilità e dalla carente stimolazione afferenziale; ripetizione del gesto per automatizzare lo schema che deve essere adeguato alla situazione e non stereotipato, sollecitazioni di tutti gli elementi con pressioni, stiramenti, l’uso di attrezzi, afferenze visive utilizzate solo inizialmente.

Collaborazione del pz: influenza il risultato, consente di sfruttare il movimento volontario che riduce la contrattura riflessa e il dolore

Componente psicologica : trattata per pz psicolabili o nelle sindromi da indennizzo

Terapia in acqua: indicata in ogni fase del trattamento per il suo effetto : antiedemigeno, decoaptante, miorilassante, stimolante.

In acqua il lavoro è facilitato e graduale.